IL REGNO DI ODINO.
La religione dei Vichinghi.
Le storie dell’antica mitologia scandinava provengono soprattutto dai testi scritti nell’Islanda cristiana del XIII secolo.
La caccia selvaggia di Odino. Con questo titolo, Peter Nicolai Arbo rappresentò nel 1872 un mito del folklore norreno, la spettrale battuta di caccia a cui presero parte sia gli dei nordici sia i guerrieri defunti. National Museum of Art, Architecture and Design. Oslo.
La caccia selvaggia è un tema mitologico e folcloristico originario dell'Europa settentrionale, centrale eoccidentale.[1] La struttura narrativa di tutte le versioni del mito si fonda su questa premessa: un corteo notturno di esseri sovrannaturali attraversa il cielo (o il terreno), mentre è intento in una furiosa battuta di caccia, con tanto di cavalli, segugi e battitori al seguito.[2]
Fra i protagonisti della battuta di caccia nelle varie culture si possono citare Odino (Scandinavia), Re Artù(Britannia), Carlo Magno (Francia), Nuada (Irlanda), Arawn (Galles), re Waldemar (Danimarca), l'exercito antiguo (Spagna), e Wotan con il suo Wütendes heer ("esercito furioso") in Germania. Si possono raggruppare le varianti secondo quattro classi, a seconda che il corteo soprannaturale sia composto da: soli animali (la maggioranza dei casi); anime dannate; esseri mostruosi o dalle origini comunque ultraterrene; un corteo guidato da un capogruppo, in genere legato alle forze ctonie.
Essere testimoni della Caccia selvaggia viene considerato presagio di catastrofi e sciagure; i mortali che si trovano sul cammino del corteo sono in genere destinati a essere uccisi (rapiti e portati nel Regno dei Morti).
Nel suo bel palazzo Aegir, dio del mare, allestì una grande festa per riunire gli dei, ai quali servì la sua famosa birra. Durante il banchetto Loki – divinità enigmatica, ambigua e affine al mondo del caos – inveì contro i presenti. Accusò Iduun, custode delle mele magiche che preservano la gioventù degli dei, di una lussuria sfrenata e di essere giaciuto persino con l’assassino del fratello. E oltraggiò Odino, padre degli dei e protettore del Valhalla, luogo abitato dai guerrieri morti in battaglia. Anche Freyja, dea della bellezza, dell’amore e della lussuria, e dea guerriera che accoglieva nel suo palazzo i caduti in battaglia, fu oggetto d’insulti. Poi toccò a Tyr, dio della giustizia; a Njord, dio della fecondità e del mare, e a Freyr, dio della fertilità e fratello di Freyja. Com’era prevedibile l’incontro non finì bene. All’arrivo di Thor, figlio di Odino e di Frigg, Loki fu costretto a fuggire. L’accalorata discussione tra gli dei è descritta in un poema della mitologia nordica chiamata Lokasenna o Disputa di Loki. A differenza della mitologia classica (che gli stessi greci e romani tramandarono per iscritto), i miti nordici furono plasmati su carta quando per i vichinghi era già iniziato il percorso di assimilazione al cristianesimo e, in una società ormai pienamente convertita, il paganesimo era associato alla superstizione. Il termine vichingo era utilizzato dai cronisti europei per indicare i popoli scandinavi che tra l’VIII secolo e la metà dell’XI esploravano mari e fiumi per commerciare o colonizzare altre terre. Questi popoli non erano dediti solo ai saccheggi com’è raccontato negli scritti medievali e dei testi raccolti dagli storici in fasi successive: è vero che assaltavano monasteri, ma al contempo commerciavano anche in Spagna o nelle isole britanniche. A mano a mano che entravano in contatto con le società cristiane, le loro credenze ne assorbivano gli elementi culturali. Perciò appare complesso comprenderne con esattezza la visione del mondo e la religione.
Cronologia.
La fine degli antichi dei.
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793 Il saccheggio del monastero di Lindsfarne, a nord della Gran Bretagna, rappresenta la prima incursione in Europa.
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947.
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1000. colonizzata dai norreni nel IX secolo, l’Islanda adotta la religione cristiana. Le credenze religiose vichinghe cominciano a indebolirsi.
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1220. Intorno a questa data il sacerdote islandese Snorri Sturluson scrive l’Edda in prosa, opera che racchiude antichi miti nordici.
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l Mjöllnir. Illustrazione da Nordisk familjebok di un monile ritrovato a Bredsättra, sull'isola svedese diÖland. Il reperto è oggi conservato alHistoriska muséet di Stoccolma.
Il Mjöllnir (it. "Frantumatore", dal verbo mjöll, "frantumare", e -nir, suffisso di aggettivo; dal Norreno antico Mjǫllnir >Islandese moderno Mjölnir, Danese Mjølner, Norvegese Bokmål Mjølner, Norvegese Nynorsk Mjølne, Svedese Mjölner; erroneamente scritto anche Mjolnir; correlato ai moderni inglese miller, muller e tedesco Müller, "che frantuma", "mugnaio"), oppure Martello di Thor, è l'arma di Thor, il dio del fulmine e del tuono della mitologia norrena. È in genere rappresentato come un martello, sebbene originariamente fosse un'ascia o un randello.[1] È realizzato dai nani, o, secondo l'Edda in prosadi Snorri Sturluson del XIII secolo, dall'elfo Sindri per una disputa con il dio Loki su chi avesse potuto creare l'arma più meravigliosa per gli dèi.
I racconti delle Edde.
Colonizzata dai vichinghi norvegesi sin dal IX secolo, l’Islanda conservò le tradizioni orali della mitologia nordica. Nel XIII secolo fu compilata l’Edda poetica o Edda maggiore una raccolta di poesie su divinità ed eroi. Invece, al poeta e storico Snorri Sturluson è attribuita la scrittura dell’Edda in prosa o Edda minore, una sorta di manuale destinato a scaldi o poeti che fornisce le conoscenze dell’antica mitologia necessarie per comporre poesia. Dalle opere, soprattutto dall’Edda minore, proviene la nostra visione dei miti vichinghi, preservata prima che la nuova religione la seppellisse per sempre nell’oblio.
Ecco alcuni dei tratti dalle versioni delle Edde del XVIII:
Týr mette la mano nella bocca di Fenrir
TYR E FENRIR: Gli dei cercano di legare Fenrir, il lupo che ucciderà Odino nel Ragnarok (l’apocalisse scandinava), con un inganno. Fenrir accetta a condizione che una divinità metta una mano nella sua bocca. Tyr accoglie la richiesta e il lupo gli strappa via l’arto; ma si rende conto di esser stato raggirato perché in realtà i suoi lacci sono una corda magica.
ODINO. L’astuto padre degli dei estrae l’idromele, la bevanda divina che ruba al gigante Suttung perforando la roccia fino a giungere dove costui la conserva gelosamente.
HEIMDALL. All’inizio del Ragnarok, la divinità soffia nel suo corno Gjallarhon (che si sente in tutti i mondi) per avvertire gli dei.
ULLR. Figlio di Sif e figliastro di Thor, è di bell’aspetto, ha le virtù di un guerriero ed è un ottimo arciere e sciatore. Nessuno può competere con lui.
LOKI. Uno degli asi (signori assoluti del cielo), è splendido ma cattivo. Dall’unione con la gigantessa Angrboda nascono il lupo Fenrir, il serpente Jormungand e Hel, dea degli inferi. Gli dei sotterrano contro i tre mostri durante il Ragnarok.
Ancora sulle Edde: Il Codex Regius fu scritto nel XIII secolo. Non si sa nulla della storia del manoscritto fino al 1643, quando fu scoperto da Brynjólfur Sveinsson, vescovo di Skálholt, nel sud-ovest dell'Islanda. L'antico manoscritto conteneva 29 canti su dèi ed eroi, e Brynjólfur ritenne con gioia di aver trovato la raccolta che aveva fornito a Snorri Sturluson le numerose citazioni esemplificative della sua Edda. Il manoscritto si componeva di 45 fogli, con una grossa lacuna di 16 pagine dopo il trentaduesimo. La scoperta del Codex Regius sembrò provare la correttezza di queste ipotesi. Al manoscritto mancava un titolo e Brynjólfur lo chiamò puntualmente Edda (riprendendo il nome dell'opera di Snorri). Da quel momento l'opera fu nota come Edda poetica, mentre quella di Snorri come Edda in prosa. Gli occorreva anche un autore e il vescovo pensò che un'opera così importante era degna del dotto prete Sæmundr Sigfússon, conosciuto dalla tradizione come un grande sapiente. Fece copiare il manoscritto e sulla copia scrisse di proprio pugno la pomposa epigrafe Edda Sæmundi Multiscii.
fax simile di una pagina del Codex Regius
Il vescovo Brynjólfur donò il Codex Regius al re danese (da qui il nome in seguito assegnato al manoscritto). Il volume fu conservato per secoli presso la Biblioteca Reale di Copenaghen; nel 1971 fu restituito all'Islanda.
Nel 2009 HarperCollins ha pubblicato postumo il lavoro di J.R.R. Tolkien su l'Edda poetica intitolato La leggenda di Sigurd e Gudrùn; il libro è scritto in un ingleseche cerca di recuperare il metro alliterativo del norreno.
Edda in prosa L'Edda in prosa, conosciuta anche come Edda di Snorri o Edda recente, è un manuale di poetica norrena che contiene anche molte storie di mitologia norrena. Il suo intento era di fare capire ai lettori e ai poeti norreni le sottigliezze dei versi allitterativi (versi che ripetono spesso gli stessi suoni), e di afferrare il significato celato di molte kenningar di uso frequente nella poesia norrena.
Fu scritta dallo scrittore e storico islandese Snorri Sturluson intorno 1220. È sopravvissuta in sette manoscritti, scritti tra il 1300 e il 1600.
L'Edda in prosa è composta da un prologo, Fyrirsögn ok Formáli e tre parti: Gylfaginning (l'inganno di Gylfi) (20.000 parole circa), Skáldskaparmál (dialogo sull'arte poetica) e Háttatal (trattato di metrica).
Nonostante abbia composto il suo libro in epoca cristiana, Snorri attinge con scrupolo addirittura filologico alle fonti pagane, allo scopo di non disperdere il patrimonio lirico e religioso del suo popolo. Parte della critica moderna imputa a Snorri di aver omesso o adattato quanto riusciva utile al suo scopo, modificando in modo irrecuperabile i miti che aveva deciso di tramandare. In realtà, per la maggior parte degli studiosi, l'attentissimo approccio che Snorri ha con le sue fonti è piuttosto rassicurante. Inoltre è possibile che Snorri abbia attinto a fonti più antiche e "pure" di quelle che ci sono arrivate tramite l'Edda poetica
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I MITI NORDICI. I miti nordici, nella formula a noi pervenuta, risalgono al XIII secolo e furono trascritti in Islanda, paese che i norreni avevano colonizzato nel IX secolo. Non si tratta delle saghe originarie raccontate dai vichinghi, ma di quanto restava dell’antica mitologia nordica quattrocento anni dopo il loro arrivo nell’isola. La versione narrativa è racchiusa in due opere fondamentali che condividono lo stesso titolo: Edda (vedi riquadro sopra), termine di origine sconosciuta e forse derivante da othor, in altre parole poesia in islandese antico.
L’autore di Edda in prosa è il sacerdote islandese Snorri Sturluson (1178-1241). L’intento primario del testo, più che spiegare i miti nordici, era quello di preservare la conoscenza e l’arte poetica degli scaldi. Questi ultimi erano i poeti presso le corti dei re scandinavi e nelle composizioni utilizzavano le kenningar, metafore molto elaborate che, per essere comprese, richiedevano un’adeguata conoscenza della mitologia. Ad esempio, il “sangue di Kvasir” è l’idromele, bevanda degli dei, che in uno dei miti prendeva questo nome perché la sostanza era composta dal miele e dal sangue di un personaggio chiamato Kvasir, che era stato ucciso da due nani. L’altra fonte narrativa principale è nota come Edda poetica ed è una raccolta di poemi mitologici ed eroici tratti da manoscritti di varie epoche, il più antico dei quali è il Codex Regius, datato intorno al XIII secolo.
Diagramma del cosmo nella mitologia norrena, in relazione alla posizione di Midgard
La cosmologia norrena, così come ci è giunta dalle fonti della mitologia nordica, è caratterizzata dalla presenza di un cosmo formato da nove mondi, tenuti assieme dall'Albero del Mondo, elemento tipico di molte tradizioni mitologiche indoeuropee, chiamato Yggdrasill. Non è possibile caratterizzare in modo certo la posizione dei vari mondi e di come Yggdrasill li tenga assieme, poiché le principali fonti, l'Edda poetica e l'Edda in prosa, a riguardo sono molto vaghe.
Thor il più forte tra gli dei.
Thor raffigurato sul suo carro mentre brandisce il martello Mjöllnir(dipinto di Mårten Eskil Winge, 1872)
Thor, o in versione latinizzata Thoro[1], (norreno Þórr, islandese Þór, tedesco antico e nederlandese Donar, inglese anticoÞūnor, faroese Tórur, svedese, norvegese e danese Tor, frisone Tonger) è una delle principali divinità scandinave, ed è il dio del tuono, del fulmine e della tempesta. La mitologia norrena è ricca di racconti sulle gesta di Thor e sulla sua perenne lotta contro gli Jǫtnar. La lettera runica Þ si pronuncia “Th”. Il nome "Thor" e le sue varianti derivano tutte dal proto-germanico *Thunraz, cioè "fulmine", "tuono" (nelle lingue germaniche odierne: inglese thunder, olandese donder, tedescoDonner). Thor rappresenta teologicamente il dio (e l'uomo) che possiede, oppure è totalmente identificato, con l'"arma" divina, la "virtù", ossia la "vista" del principio cosmico (il Martello di Thor, comparato al Vajra vedico-tibetano). È il protettore dell'umanità.[2]
Thor, figlio di Odino e della dea Frigg, è il più forte tra tutti gli dei e spesso li protegge dalla minaccia di altri essere come i giganti. Thor combatte con il suo martello, chiamato Mjolnir, che fa tremare la terra e scatena i tuoni. Numerosi ritrovamenti di amuleti e ciondoli a forma di martello dimostrano il culto associato alla fertilità e alla guarigione. Alcuni incantesimi, difatti, invocano Thor per curare le ferite. Nonostante abbia molti oggetti magici simile a Mjolnir, la sua peculiarità è la forza fisica. Uno degli episodi più conosciuti che riguarda il dio è la lotta con il serpente che circonda Midgard (la terra degli umani): Thor riuscirà a tirarlo fuori dall’oceano dopo avergli lanciato un’esca che l’ingordo serpente aveva morso, non appena gli era stata data.
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Ma allora la mitologia nordica è solo un’invenzione dei sacerdoti cristiani medievali, che nulla ha a che vedere con religione dei vichinghi? Certamente no. E’ stato dimostrato che la data di creazione di molti poemi dell’Edda poetica è precedente alla data delle trascrizioni. In realtà, il passato pagano è sopravvissuto durante e oltre il Medioevo. Ne sono prova i testi della mistica cristiana Brigida di Svezia, del XIV secolo, denunciava con preoccupazione questi culti e avvertiva la necessità di limitare la diffusione di storie sugli elfi, una delle specie apparteneva al mondo mitologico scandinavo. In altri casi, le vicende note mediante la mitologia sono confermate da ritrovamenti archeologici, come ad esempio le pietre runiche. Le rune erano il sistema di scrittura utilizzato dai popoli germanici e, di conseguenza, dai vichinghi sin dall’anno 150 d.C. La maggior parte delle pietre runiche che si sono conservate, risalgono all’epoca vichinga e ricordano chi partecipò alle spedizioni commerciali o ai saccheggi. In molti casi presentano soltanto l’iscrizione e pochi elementi decorativi. In altri, invece, si riscontra la combinazione di simboli cristiani e pagani. Esempi dell’ultimo caso sono la pietra di Ledberg, in Svezia, o la croce di Thorwald, sull’isola di Man (tra la Gran Bretagna e l’Irlanda), che sembra rappresentino il momento del Ragnarok in cui il lupo Fenrir attacca Odino.
Un funerale vichingo secondo un testimone oculare.
La nave funeraria del capo vichingo (Variago) Igor il Vecchionel Rus' di kiev, secondo Heinrich Semiradzki (1845-1902).
I vichinghi cremavano solitamente i loro morti in barche funerarie, come provato da reperti archeologici,saghe della letteratura norrena, e dal racconto di Ahmad ibn Fadlan. I funerali vichinghi che vennero effettuati a terra hanno permesso agli archeologi di studiare le varie tradizioni scandinave dell'età vichinga.
Il morto era solitamente deposto in una barca, o in una nave di pietra, assieme a delle offerte funebri stabilite in base allo status e alla professione del deceduto. Queste offerte potevano includere sacrificidi schiavi. Infine il tutto veniva coperto di pietre e terra e veniva creato un tumulo.
In Scandinavia rimangono numerosi tumuli di questo tipo, eretti in onore di re e capitani vichinghi. Alcuni dei più importanti sono quelli del cimitero del colle di Borre, in Norvegia, e il Lindholm Høje e Jelling inDanimarca.
Nella cronaca di viaggio nota come Risala, l’arabo Ahmad ibn Fadlan racconta che nel 922, durante un viaggio diplomatico teso a stringere contatti tra la città di Baghdad e il re dei bulgari del Volga, la carovana in cui viaggiava fu assaltata da un gruppo di vichinghi. in quell’occasione Ahmad ibn Fadlan si trovò a partecipare al funerale di un uomo illustre. Secondo quanto racconta l’imbarcazione del defunto, fu trascinata verso terra. All’interno fu allestita una tenda, dove adagiarono il corpo, lavato e lussuosamente vestito, e le armi. Tutt’intorno furono disposte le offerte alimentari. Nel frattempo iniziava il rito sacrificale di vari animali, i cui resti venivano gettati sulla nave. Una delle schiave del defunto si offrì volontaria per morire con lui e si unì ai festeggiamenti, che durarono dieci giorni. Il giorno del funerale, gli uomini fecero visita alla schiava e uno dopo l’altro, la stuprarono. La trascinarono sulla nave, dove la spogliarono dei suoi gioielli, e poi la condussero nella tenda insieme al padrone morto. Lei oppose resistenza e loro la violentarono di nuovo. Una donna anziana, definita nella storia l’angelo della morte, la uccise con un coltello. La nave fu poi bruciata e sepolta sotto un tumulo.
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Lysefiord, questo fiordo norvegese si trova nei pressi della città
di Stavanger, a sud-ovest del paese. Oltre l'Islanda i vichinghi norvegesi colonizzarono la Groelandia e giunsero in terra americana.
IL RAGNAROK E IL VALHALLA. Reso popolare da Richard Wagner con il Crepuscolo degli Dei, il Ragnarok comprende una serie di avvenimenti raccontati da diverse fonti e poi raccolti nell’Edda poetica. Lo scontro finale, influenzato dall’apocalisse cristiana, conduce alla distruzione degli dei e alla rinascita di una nuova generazione di divinità. Il Ragnarok scatena una lotta tra creature mitologiche che vede schierati, da una parte gli dei e i guerrieri morti, scelti per il Valhalla; dagli altri avversari, capeggiati da Loki e i giganti. Il lupo Fenrir, figlio di Loki, lotterà al suo fianco in battaglia e ucciderà Odino. L’archeologia offre successivi elementi della vita quotidiana dei vichinghi, confermano la credenza in elementi peculiari, come il Valhalla. Quello che potrebbe essere descritto come paradiso norreno è immaginato come un palazzo dove, per tutto il giorno, i guerrieri caduti in combattimento e scelti da Odino, gli Einherjar, si prepararono a lottare. Coloro che sono morti durante lo scontro tornano in vita di notte e si uniscono ai festeggiamenti voluti dal signore dei cieli. Inoltre, era proprio Odino a selezionare le migliori donne e i migliori uomini caduti in battaglia. Nella scelta degli eletti poteva contare sull’aiuto delle valchirie, dee guerriere alate (diventate famose anche grazie all’opera di Wagner la cavalcata delle valchirie) che conducevano i guerrieri fino al palazzo e che, durante la festa notturna, gli servivano l’idromele. Sono stati ritrovati molti monili, probabilmente usati come ciondoli, raffiguranti una donna che offre corni d’idromele, forse proprio una valchiria.
Ma un simile rituale veniva compiuto anche dalla consorte del re o del capo per rinsaldare il vincolo con i propri guerrieri. I ciondoli potrebbero essere collegati a questa cerimonia più che a una rappresentazione delle valchirie.
L’arrivo al Valhalla?
La pietra di Tjangvide, come suggeriscono le rune ancora leggibili in superficie, fu eretta in memoria di un tale Jòrulfr, probabilmente dopo la sua morte. Questo spiegherebbe la rappresentazione, nella parte superiore, di quella che sembra una scena del Valhalla: un cavaliere giunge alla dimora di Odino e viene ricevuto da una valchiria, che gli offre un corno pieno d’idromele. Secondo alcuni studiosi, il cavaliere sarebbe Odino perché il cavallo sembra avere otto zampe come l’animale della divinità, Sleipnir. Nel pannello inferiore compare la riproduzione di una nave vichinga, a voler suggerire che Jòrulfr partecipò a qualche spedizione.
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Yggdrasill in un manoscritto islandese del XVII secolo.
(NON)
« Ask veitk standa,
heitir Yggdrasill hár baðmr, ausinn hvíta auri; þaðan koma döggvar þærs í dala falla; stendr æ of grænn Urðar brunni. » | (IT)
« So che un frassino s'erge
Yggdrasill lo chiamano, alto tronco lambito d'acqua bianca di argilla. Di là vengono le rugiade che piovono nelle valli. Sempre s'erge verde su Urðarbrunnr. » |
(Edda poetica - Völuspá - Profezia della Veggente) |
L’ALDILA’ DEI VICHINGHI. Due aspetti tangibili della religione dei vichinghi sono l’esistenza di un aldilà e di un culto funerario che comprende il rito dei sacrifici umani. Queste pratiche vengono descritte nei racconti e confermate dai ritrovamenti archeologici. Una delle fonti è opera sempre di Snorri Sturluson (l’autore di Edda in prosa), che riporta gli episodi in una cronaca sui re scandinavi, l’heimskringla. Secondo il testo, Odino instaurò una legge che disponeva la cremazione dei morti insieme ai propri beni, affinché le ricchezze li accompagnassero nel Valhalla. Le ceneri dovevano essere gettate in mare oppure sepolte. Per tutti gli uomini illustri venivano erette tombe monumentali e commemorative. E a chi dimostrava grandi qualità, venivano riservati monumenti in pietra. L’altra fonte è Risala (vedi riquadro sopra) un resoconto del viaggio di Ahmad ibn Fadlan, un viaggiatore e scrittore arabo del X secolo che, dopo un incontro con i vichinghi nel Volga, descrive dettagliatamente un rito funerario. Il viaggiatore si riferisce al defunto quasi con le stesse parole usate da Snorri: in questo caso si tratta del cadavere di un uomo illustre che, dopo dieci giorni di celebrazioni, viene deposto su una nave insieme a parte delle sue ricchezze e a una schiava che viene violentata e uccisa. Dopo la cremazione, le ceneri di entrambi vengono tumulate. Indipendentemente dal fatto che la credenza nell’aldilà sia legata al Valhalla o meno, il culto e la memoria funeraria sembrano essere stati fondamentali per la religione vichinga. Inoltre, la devozione per le varie divinità era radicata nella natura e nel paesaggio. Le pietre runiche erette in memoria dei morti spesso celebravano anche la costruzione di un ponte. I racconti fantastici da cui proviene il materiale mitologico scandinavo alla fine del Medioevo e all’inizio dell’Età moderna trasformeranno questi tumuli in luoghi d’incontro dei morti (in realtà dei non morti), che possono tornare per regolare i conti con i vivi o persino per risolvere questioni amorose rimaste in sospeso, come narra una composizione dell’Edda. L’archeologia dimostra che le pratiche funerarie descritte da Snorri e ibn Fadlan convivevano con riti diversi, come la sepoltura d’intere navi non cremate. Altre volte, invece, le camere funerarie venivano collocate sotto tumuli circondanti da pietre allineate a forma di nave, o si preferiva la semplice inumazione (sepoltura del cadavere). Queste varianti vanno comprese all’interno di un quadro religioso privo di una gerarchia stabilita. Oltre alle differenti sepolture, esistevano con molta probabilità delle varianti nella forma di adorare gli dei, i cui nomi sono forse l’unico vestigio chiaro che ci permettere di comprendere la religione dei vichinghi.
Tutto il resto appartiene al mito, separato ormai dai riti originari. La mitologia nordica ci dà indizi per interpretare il passato, ma conosciamo gli antichi dei soprattutto attraverso la mediazione degli autori cristiani islandesi del XIII secolo che scrivevano sui propri avi. Le storie di Odino, Thor e Loki continuarono ad affascinare, ma il significato profondo che queste divinità avevano per i popoli vichinghi e il modo in cui gli rendevano culto non sono verità storica, bensì oggetto di continua sperimentazione.
La fine e l’inizio del mondo.
Nella mitologia nordica il Ragnarok è la fine del mondo. La catena degli eventi che conduce all’apocalisse cominciò con la morte del figlio di Odino e di Frigg e di Balder, architettata da Loki. A quel punto cala un lungo inverno, il Fimbulvetr. Il sole e la luna vengono divorati dai lupi mentre un terremoto scuote la terra. Le forze del caos si preparano per la battaglia finale, a cui si uniscono il lupo Fenrir, il serpente che circonda la terra di mezzo, Loki e altre creature. Il gigante del fuoco Surt causa gli incendi che ingoiano la terra. Ma ogni fine è un nuovo inizio, secondo la concezione ciclica del tempo. Dopo la distruzione emerge una nuova terra, fertile e giusta, insieme a Balder, rinato come figura decisiva. Le descrizioni del nuovo mondo ricordano le immagini medievali della terra promessa o del paradiso.
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articolo in gran parte di David Carillo Rangel Università di Barcellona, pubblicato su Storica National Geografic del mese di giugno, altri testi e immagini da wikipedia.
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