GUERRA E COMMEDIA AD ATENE
Il teatro al tempo di Aristofane.
Aristofane, figlio di Filippo del demo di Cidateneo (in greco antico: Ἀριστοφάνης, Aristophánēs; Atene, 450 a.C. circa – 385 a.C. circa), è stato un commediografo greco antico, uno dei principali esponenti della Commedia antica (l’Archaia) insieme aCratino ed Eupoli, nonché l'unico di cui ci siano pervenute alcune opere complete (undici).
Durante la Guerra del Peloponneso il geniale drammaturgo Aristofane, denunciò l’inettitudine dei dirigenti ateniesi e la perdita irreparabile dei valori tradizionali in una serie di irrilevanti commedie
Tra battute e invettive personali, l’assurdo e la poesia si uniscono per offrire una visione trasfigurata della realtà. Sono queste le caratteristiche della commedia attica antica, della quale Aristofane (450-380 a .C. ca.) è il massimo rappresentante. La lettura delle sue opere giunte fino a noi (solo undici su quaranta) regala la gioia di sfuggire alla routine quotidiana di un mondo nuovo, a volte ideale, dove prevalgono la festa e l’allegria. E questo nonostante la vita del drammaturgo fosse trascorsa tra luce e ombre. L’infanzia e la giovinezza dell’autore cominciarono con lo splendore politico e culturale dell’Atene classica, la cosiddetta “era d’oro di Pericle”. Il periodo della maturità, invece, vide la sconfitta contro Sparta dopo 27 anni di guerra e il conseguente crollo del regime democratico.
Per questo motivo la commedia di Aristofane è anche una denuncia dei difetti degli ateniesi che furono alla base di questa crisi: l’egoismo, la credulità alla propaganda populista e, soprattutto, la burocratizzazione dello stato, dovuta alla guerra e alla corruzione diffusa di cui seppero approfittare i demagoghi. Tra il 431 e il 404 a .C., la Guerra del Peloponneso, che vedeva scontrarsi Atene e Sparta, divenne un tema ineludibile per il teatro ateniese dell’epoca. E, in particolare, Aristofane, che a soli quattro anni dall’inizio dell’ostilità portò in scena la sua prima opera i banchettanti 427 a .C., oggi perduta.
Maestro della satira
In piena guerra del Peloponneso mette in scena sotto pseudo mino la sua prima opera i banchettanti oggi perduta.
Prima rappresentazione dei cavalieri una diatriba contro il demagogo Cleone che arriva prima alle Lenee.
Gli uccelli, una critica all’imperialismo ateniese e al protarsi della guerra arriva seconda alle Grandi Dionisie.
Aristofane porta in scena Lisistrato, opera in cui la protagonista propone uno sciopero del sesso per mettere fine alla guerra.
Va in scena l’ultima commedia di Aristofane, Pluto, in un’Atene in piena crisi dopo la sconfitta della guerra del Peloponneso.
GUERRA E CORRUZIONE. Allo scoppio del conflitto, Pericle consigliò alla popolazione civile di abbandonare le campagne e di rifugiarsi in città, mentre le postazioni dei spartani venivano attaccate via mare. Gli ateniesi si ritrovarono coinvolti in una lunga guerra, in cui non si intravedeva la conclusione, con migliaia di rifugiati in fuga dall’avanzata spartana ammassati all’interno delle mura. I più colpiti da questa strategia di logoramento furono i contadini ateniesi: costretti ad abbandonare i campi e privati dei mezzi di sostentamento, assistevano impotenti alla distruzione delle loro proprietà da parte del nemico. Nel frattempo venivano gravati da tasse sempre più alte e oppressi da un clima di esarcebato bellicismo, in una città in cui si sentivano sempre in secondo piano.
Fu proprio uno di questi contadini, rozzo e grossolano, il grande protagonista delle commedie composte da Aristofane, per le Linee e le Grandi Dionisie, le feste in onore del dio del vino e del teatro. Queste ultime si svolgevano tra i mesi di marzo e aprile nel teatro di Dionisio e avevano lo scopo di mantenere la normalità ad Atene e a far dimenticare le difficoltà del conflitto bellico. Nelle prime commedie di Aristofane (Gli arcanesi, I cavalieri, Le nuvole e Le vespe composte tra il 425 e il 422 a .C.) l’eroe comico riusciva a sovvertire lo status quo con l’ingegno e a raggiungere il grande obiettivo della pace. Grazie alla fantasia inesauribile e alle risorse di questo personaggio, nelle sue opere Aristofane dava vitaa un mondo parallelo in cui gli schiavi potevano prendersi gioco dei padroni, i mortali degli déi e i mediocri degli intellettuali più in vista. Il commediografo mirava in questo modo a esercitare una vera e propria “giustizia popolare”, facendo si che i suoi eroi agissero e parlassero in libertà, con la schietta franchezza caratteristica delle classi popolari. Il coro, con le sue danze e i suoi stravaganti costumi, contribuiva a creare un’atmosfera colorata e farsesca, e a volte partecipava attivamente ai piani dell’eroe. Il pubblico sugli spalti rideva di gusto alle trovate del protagonista, ma nel frattempo sbirciava i volti dei vicini di posto, bersaglio degli strali di Aristofane. Era un susseguirsi continuo di battute, spesso un po’ volgari, ad esempio sulla effeminatezza dell’ambasciatore Clistene o del poeta tragico Agatone (di cui Aristofane scriveva che amava lasciarsi perforare). Ma il commediografo si faceva beffe anche della codardia e dell’ingordigia di Cleonimo – assolutamente inutile e irriso per aver abbandonato lo scudo in battaglia - , della persistente stitichezza di un certo Antistene o della cispa di un generali di nome Agirrio. In questo modo Aristofane cercava di scuotere il pubblico ateniese, che si lasciava abbindolare passivamente dalle lusinghe dei suoi inutili politici, e lo metteva di fronte alle conseguenze della scelta di una classe dirigente inetta.
In seguito alla morte del generale Pericle (429 a .C), poco dopo l’inizio della guerra, il potere fu preso d’assalto dai rappresentanti di una classe in piena espansione: quella dei mercanti e degli artigiani. Aristofane li presentava come arrivisti privi di spessore e di scupoli, che svilivano l’intera classe politica. Nelle sue commedie il drammaturgo ridicolizzava i successori di Pericle: Eucrate e Lisicle vengono descritti come venditori di stoppa e di pecore Iperbolo come “fabbricante di lampade” e Cleone “come conciatori di pelli”. Nell’opera I cavalieri (424 a .C.) si profetizza la fine del governo della città nelle mani di qualche “salsicciaio”. Le ambizioni e le manovre di questi politici litigiosi avevano prolungato le campagne belliche ben oltre a quelle di Pericle. Nelle Commedie di Aristofane l’eroe affronta in una disputa dialettia (agon) questi nemici della pace: i demagoghi e i loro seguaci, i sicofanti o delatori di professione, agli ambasciatori – che nel corso delle loro eterne e costose missioni diplomatiche vivevano nel lusso mentre il popolo moriva di fame in mezzo alla spazzatura – e i fabbricanti di armi, in convivenza con gli altri ufficiali militari. Insomma, tutti coloro che non erano disposti a rinunciare ai benefici di un conflitto bellico che andava ormai avanti da troppi anni.
Immagine dell’Acropoli di Atene
Nessun commento:
Posta un commento