lunedì 17 dicembre 2018

Mobili fatti ad arte.

Mobili fatti ad arte.
Nelle città medievali, i legnaioli erano tra le corporazioni più forti: sgabelli, tavoli e cassoni che uscivano dalle botteghe dovevano corrispondere a misure e caratteristiche indicati negli statuti. Ma la loro creatività spesso andava oltre, producendo veri capolavori.



Prima dell’anno Mille, in Europa prevaleva un’attività artigiana limitata all’essenziale, in grado di soddisfare le scarse esigenze dei villaggi di campagna (dove l’autoproduzione andava per la maggiore) e quella delle corti signorili e delle residenze dei grandi proprietari. Un cambiamento sostanziale si produsse quando le professioni artigiane sciolsero il vincolo le  legava all’agricoltura, e ciò avvenne al momento della rinascita delle città e dell’affermarsi di un’economia di scambio tra il contado e l’urbe.

Mestri di pietra e legname.jpg
arte dei maestri di pietra e legname stemma corporazione

L'arte dei maestri di pietra e legname scelse i Quattro santi coronati come loro protettori; secondo la leggenda, Claudio, Nicostrato, Sinfronio e Castorio erano degli scultori romani convertitisi al Cristianesimo e quando si rifiutarono di scolpire una statua di Esculapio per l'imperatore Diocleziano, vennero martirizzati scorticati vivi.

Le statue all'interno della nicchia di Orsanmichele vennero eseguite da Nanni di Banco nel 1408 circa; un curioso aneddoto riporta l'imbarazzo di Nanni quando si accorse che le sue figure non riuscivano ad entrare nello stretto spazio del tabernacolo e dovette perciò chiedere consiglio al più esperto Donatello, che gli offrì il suo aiuto in cambio di una cena offerta ai garzoni della sua bottega; in realtà i quattro personaggi sono stati scolpiti in tre blocchi di marmo, per cui i due personaggi di destra sono stati ricavati da un unico blocco.



IL MESTIERE DEL LEGNO. Le attività manifatturiere divennero mestieri e si assistette all’esplosione delle corporazioni. Queste arti si raggruppavano in un nuovo mondo del lavoro basato sulla specializzazione, che finì per trovare il suo spazio produttivo nella bottega. Nelle città, tra le arti più forti si affermò quella dei legnaioli, antenati dei moderni falegnami, sia per il numero degli associati che per la varietà dei mestieri che comprendeva: dai commercianti delle materia prima ai produttori dei semilavorati (segatori e piallatori), fino agli esecutori del prodotto finito (falegnami veri e propri, ma anche intagliatori e intarsiatori). Senza dimenticare che in un’altra corporazione, quella dei maestri di pietra e legname, completamente impegnata nell’edilizia, trovavano posto figure come quelle dei carpentieri, la cui opera si rivelava indispensabile allo sviluppo urbanistico delle città: la stragrande maggioranza delle abitazioni, a eccezione di chiese e palazzi, era costruita per buona parte in legno. Nelle architetture spesso il legno rimaneva nascosto, dissimulato entro le volte e le coperture degli edifici. Anche per questo, i lavori di carpenteria necessitavano di grandi abilità e ingegno. Un consumo supplementare di legname si rendeva inoltre necessario per risparmiare il ferro, materiale prezioso e raro. Inoltre, a causa della scarsità di travi di lunghezza sufficiente, i carpentieri si ingegnarono a congiungere i vari elementi con caviglie o corde, evitando perni e bulloni o fasce metalliche. Le corde erano costituite da una resina estratta dal tiglio, oppure da rami flessibili di salice o di quercia. Venivano eseguite legature ben strette, inserendo dei cunei in legno e tendendo al massimo le funi per rendere la struttura il più possibile stabile e sicura. Dopo il Mille, le città si trasformarono in cantieri a cielo aperto: immense fabbriche furono approntate per l’erezione dei palazzi del potere e delle grandi cattedrali, mentre nei mercati e nelle vie dedicate alle corporazioni cresceva, tra mercanti e artigiani, il seme della futura borghesia. La nuova classe sociale lavorava in bottega e abitava in case nuove, dove all’essenziale arredamento altomedievale si andavano sostituendo oggetti che dimostravano un gusto più raffinato per il bello e, quando possibile, anche per il superfluo.

un laboratorio di falegnameria incisione del XVI secolo

LA TASSA SULL’INTAGLIO. I mobili che si potevano ordinare nella bottega del falegname erano selvatici o isfoggiati: sotto la prima definizione venivano ricompresi manufatti semplici come sgabelli, tavoli e cassoni, realizzati con legni poco pregiati e privi di decorazione; alla seconda appartenevano prodotti la cui costruzione era più accurata, con la superficie arricchita da intagli, intarsi e scene dipinte. Agenti incaricati dalle corporazioni di mestiere sorvegliavano da vicino il lavoro del legnaiolo, verificando che il suo prodotto fosse conforme ai canoni stabiliti dallo statuto dell’Arte. Solo i mobili in linea con tali prescrizioni, per dimensioni e caratteristiche, venivano definiti a foggia; gli altri, concepiti e realizzati per rispondere a richieste di maggior lusso da parte del cliente, presero il nome di isfoggiati e per  realizzarli era necessario presentare richiesta alla corporazione e versare una tassa particolare. Per esempio, per i cassoni e i cofani esistevano misure autorizzate, definite di foggia maggiore, mezzana e minore.
I falegnami lavoravano contemporaneamente su oggetti raffinati e su altri dal mero valore d’uso, e per sbarcare il lunario accettavano ogni tipo di richiesta. Per questo avevano un tipo di clientela molto variegata: dall’ecclesiastico che commissionava lo stallo del coro della cattedrale, allo sgabello richiesto dell’artigiano, fino allo scrittoio istoriato per il nobile o il ricco commerciante. Senza però dimenticare che, fino al Rinascimento, anche nelle magioni più nobili gli arredi che andavano per la maggiore erano quelli cosiddetti selvatici, come cassoni (che avevano la funzione di armadi ove riporre le vesti), mobili semplici e privi di decorazioni; questi prodotti erano spesso ricoperti da stoffe, tappeti o coperture in cuoio. I mobili di pregio erano invece presenti perlopiù nelle stanze di rappresentanza, a cui avevano accesso gli ospiti, e nelle camere da letto.

CHIODI E METALLO. Nella bottega, il falegname raramente usava la colla (di origine animale) per assemblare le tavole, che si preferivano inchiodate, oppure assicurate l’una all’altra mediante incastri (come quello di tenone e mortasa, utilizzato soprattutto per unire pezzi che formavano un angolo di 90°, oppure quello a canale e linguetta). L’incastro a coda di rondine, seppure già conosciuto e largamente utilizzato nell’edilizia dagli Egizi e in età romana, fece la sua ricomparsa in Europa solo dopo il Quattrocento, quando si diffuse l’utilizzo dei cassetti.
Rinforzare i mobili e preservarli dall’usura era un compito importante, ottenuto con rinforzi in metallo, assicurati mediante chiodi alle parti più esposte, prime fra tutte gli angoli; in altri casi, soprattutto per i cassoni, si preferiva fasciarli interamente con delle cinture di rinforzo. Quanto agli attrezzi del falegname, si può dire che il Medioevo si sia prolungato fino alla prima metà del Novecento, quando ancora si trovavano seghe ad arco, scalpelli per gli intagli, succhielli e trivelle per i fori, e asce per sgrossare il legno.

Articolo in gran parte di Marco Dalla Fiora pubblicato su Medioevo misterioso Sprea edizioni. Altri testi e articoli da wikipedia. 

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