Le tombe dell’antico regno Mastabe.
I faraoni delle prime dinastie egizie e, più tardi, i cortigiani e i membri della famiglia reale, si fecero seppellire in grandi tombe su cui eressero enormi strutture di pietra … e certe volte la magia permetteva di risparmiare sui materiali da costruzione.
Struttura di una mastaba, con pozzo e camera funeraria ipogea.
Saqqara, piramide a gradoni di Djoser
La Mastaba di Kar. La tomba di questo alto funzionario vissuto durante la VI dinastia si trova nella necropoli di Gaza. All’interno intagliate nella roccia, ci sono le statue di vari membri della sua famiglia vestiti secondo la moda dell’Antico Regno.
Dopo una giornata di lavoro gli egiziani di oggi amano andare a chiacchierare su panchine all’aperto che chiamano mastabe. Sono stati gli egittologi a dare questo nome alle tombe dell’Antico Regno, proprio in virtù della loro somiglianza con questa sorta di panche. Questa, però, era solo la parte visibile delle costruzioni, che ne nascondevano un’altra, scavata dalla roccia, in cui venivano inumati i defunti. La forma, le dimensioni e il sistema costruttivo delle mastabe potevano variare, ma la struttura di base era la stessa, comune anche alle altre tipologie egizie, dalle piramidi ai monumenti della Valle dei Re. Tutte le tombe erano formate da due elementi diversi: una cappella, cui era possibile accedere e dove venivano deposte le offerte al ka (l’essenza vitale del defunto), e una zona sotterranea in cui si trovavano il sarcofago e il corredo funerario. Anche nelle più misere tombe a pozzo sono stati ritrovati dei semplici tavoli in muratura, con la funzione di luogo di culto, su cui i familiari del morto potevano lasciare le loro umili offerte. Nelle piramidi il luogo di culto era costituito da una cappella contigua, posta in alto. Nel caso dei faraoni sepolti nella Valle dei Re, le loro cappelle erano i grandi templi funerari eretti nei pressi del Nilo. Per quanto riguarda le mastabe, la cappella era inizialmente all’esterno, addossata a una parete, e solo in seguito si spostò all’interno. La funzione della cappella era assicurare la sopravvivenza eterna del ka del defunto, mettendogli a disposizione tutto ciò che gli serviva. Nelle mastabe le offerte venivano collocate davanti a una grande stele di pietra, detta della falsa porta, che rappresentava una soglia di passaggio tra questo mondo e l’aldilà. Sulla stele venivano incisi i nomi del defunto e dei suoi familiari più prossimi, nonché le cariche che questi aveva occupato. Erano elencate anche tutte le cose buone e pure di cui vive un re, cioè tutti i beni di cui avrebbe avuto bisogno nell’altra vita. Ecco perché sulle pareti delle cappelle erano rappresentati alimenti, bevande e unguenti di ogni tipo, che la magia avrebbe trasformato in realtà.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che queste immagini fossero delle semplici decorazioni funerarie, ma in realtà svolgevano un ruolo molto concreto: assicurare lì’esistenza eterna del defunto. Inoltre, per evitare che questi beni si perdessero lungo il cammino, la stele veniva situata il più vicino possibile alla verticale del sarcofago, che era sepolto qualche metro più sotto.
Offerte per il defunto. La mastaba di Idu, alto funzionario della VI dinastia, sorge nella necropoli di Gaza. La tomba contiene una falsa porta (una soglia che lo spirito del defunto deve attraversare), dove Idu appare di fronte a un tavolo di offerte. In questo caso il defunto è rappresentato a mezzo busto nell’atto di ricevere le offerte.
il circolo dei filosofi
Case per l’aldilà.
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3200-3065 a.C.
Vengono costruire le prime mastabe, come la tomba U-J di Abido, attribuita al re Scorpione, o la tomva 23 di Ieracompoli.
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3065-2686 a.C.
I re delle prime dinastie si fanno seppellire in grandi mastabe. Ad Abido e a Saqqara sono state trovate le loro tombe i loro cenotafi.
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2686-2613 a.C.
Durante la III dinastia gli alti funzionari e i membri della famiglia reale costruiscono le proprie mastabe nella necropoli di Saqqara
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2613-2494 a.C.
I re della IV dinastia sono sepolti nelle piramidi; i loro familiari e i nobili sono inumati nelle mastabe, vicino al loro signore.
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2494-2345 a.C.
Durante la V dinastia le mastabe dei nobili a Saqqara (come quella di Irukaptah) raggiungono un elevato livello artistico.
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2345-2173 a.C.
Nel corso della VI dinastia, alla fine dell’Antico Regno, a Saqqara si costruiscono ancora lussuose mastabe, come quella di Mereruka.
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LA GRANDE NECROPOLI DI MENFI. Le prime mastabe, in mattoni crudi, furono costruite per i sovrani della I e della II dinastia (Periodo tinita). Queste tombe, come quelle di tutti i re dell’Antico Regno, si trovano nella vasta necropoli di Menfi (all’epoca capitale egizia), un insieme di cimiteri reali che si estende per circa 40 chilometri da Abu Rawash, a nord, fino a Meidum, a sud, e le cui diverse parti sono indicate con i nomi degli attuali centri urbani. Le mastabe tinite hanno molti punti in comune quanto a forma e dimensioni. Alcuni dei re di questo periodo si fecero costruire due tombe, simili tra loro, una a Saqqara e una nella città santa di Abido – luogo cui, secondo il mito, era sepolta la testa del dio Osiride, sovrano dell’aldilà. L’architetto ed egittologo francese Jean-Philippe Lauer, forse uno dei maggiori esperti sul tema, sosteneva che le tombe reali del periodo tinita fossero quelle di Saqqara, mentre quelle di Abido erano solo cenotafi, cioè dei semplici monumenti rappresentativi. Il suo principale argomento era che le facciate della mastabe di Saqqara avevano un tipo di decorazione regale assente nelle tombe di Abido: delle finestre esterne, costituite da una serie di sporgenze e rientranze, che simulavano la facciata di un palazzo.
Più a sud, a Meidum, si trovano altre mastabe con caratteristiche differenti. In un primo momento la Meidum. Il principe era sepolto con la moglie Itet, ma non esattamente nello stesso posto: secondo gli usi egizi, ognuno aveva la propria camera funeraria e la propria cappella di culto, in due zone diverse della mastaba. Il famoso fregio dipinto conosciuto come “le Oche di Meidum” proviene proprio dal corridoio che univa le due cappelle.
A sinistra con il becco dalla punta nera è l'Oca granaiola mentre le altre due sono della razza Lombardella maggiore
La grande mastaba di Hemaka.
A nord-est di Saqqara si trova un’antica necropoli del periodo ittita, quello delle due prime dinastie faraoniche. Qui tra il 1936 e il 1956, l’archeologo britannico Walter Emery portò alla luce una serie di grandi tombe appartenenti ad alti funzionari della corte come la mastaba di Hemaka (la tomba 53035). Era una mole impressionante, di 57,3 x 26 metri, costruita interamente in mattoni crudi e risalente ai tempi del faraone Den, della I dinastia (3065-2890 a.C.). Qui fu sepolto il funzionario reale Hemaka, il cui nome appare su svariate tavolette di legno e di avorio. La parte visibile o struttura superiore della mastaba è composta da 45 camere destinate a conservare offerte funerarie: anfore, armi, stili, scatole di legno, placche d’avorio, giochi da tavolo, vasi di alabastro, tessuti. Sono stati ritrovati anche due frammenti di papiro bianco. Una scala, situata a est penetra fino a 9 metri di profondità e permette di accedere alla camera funeraria di Hamaka, che misura 9,5 per 4,9 metri.
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La mastaba del faraone Shepseskaf.
A sud di Sakkara sorge l’eterna dimora dell’ultimo faraone della IV dinastia: Shepseskaf scelse una mastaba gigante, di circa 104 x 78 metri e un’altezza di quasi 20 metri. Un corridoio scendeva all’interno della struttura, al cui centro si trovava la camera funeraria del re. La mastaba (conosciuta come mastaba el-Faraun) era circondata da un muro situato a 10 metri. Un secondo muro, a 48 metri di distanza, recintava l’intero complesso. Una strada di accesso, coperta da un soffitto a volta, conduceva dal tempio basso, situato nella volta e ancora in attesa di essere riportato alla luce, al complesso funerario.
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Un foie gras molto peculiare.
Le immagini delle mastabe rappresentano a volte scene di allevamento di animali. Nelle tombe dei visir Mereruka e Kagemni (VI dinastia) sono raffigurate anatre e oche intente a beccare il grano gettato dai servi in una grande gabbia. In altre scene meno note si vedono i servi alimentare i volatili introducendogli a forza il cibo nel becco. È chiaro che gli egizi conoscevano già il fegato d’oca, per quanto fosse una pietanza riservate alle classi agiate. La cosa davvero sorprendente è che questa somministrazione forzata di cibo, che mirava ad ingrossare il fegato degli animali, si applicasse anche a specie selvatiche come le iene, come si può vedere in alcuni bassorilievi. Questi pericolosi carnivori erano addomesticati e alimentati con le zampe legate, per ottenre un pregiato foie gras.
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SISTEMI COSTRUTTIVI. Anche le mastabe erano pensate per accrescere il prestigio dei rispettivi proprietari, si tendeva a risparmiare il più possibile sul processo costruttivo. Gli scavi hanno confermato questo apparente paradosso. Per ricchi che fossero, gli alti funzionari cercavano di ottenere i migliori risultati al minor costo. A questo scopo usavano l’ingegno e si facevano aiutare dall’heka, la magia egiziana. Nella maggior parte dei casi, infatti, la compatta solidità della parte visibile delle mastabe è solo fittizia. Di solito ci si limitava a costruire un muro di mattoni crudi, o nel migliore dei casi di blocchi di pietra, con cui si circoscriveva uno spazio il cui interno era riempito di sabbia e detriti vari.
Lo scopo dei costruttori era dare l’idea che l’interno della mastaba fosse costituito da blocchi di pietra calcarea, ma ciò in realtà avveniva molto raramente. A Giza, per esempio, le mastabe sembrano edificati interamente in blocchi di pietra calcarea, ma ciò in realtà avveniva molto raramente. A Giza, per esempio, le mastabe sembrano edificate interamente in blocchi di pietra, ma questi, invece, sono un semplice rivestimento esterno, un’unica fila di blocchi collocati su dei piccoli gradini scavati nella nuda roccia.
In altre occasioni si rivestiva la rocca on un muro di pietra e quindi si riempiva l’interno, come di consueto, con resti e macerie di vecchi edifici circostanti. In alcuni casi la roccia non veniva neppure nascosta con la pietra, ma semplicemente levigata, e in seguito vi si incidevano sopra delle finte linee di giunzione per simulare le file di blocchi. Però le mastabe non venivano truccate solo esternamente: se ne falsificavano anche i materiali all’interno. A differenza delle case e dei palazzi, che erano costruite in pietra, perché dovevano essere delle case per l’eternità. Ma non tutte le pietre erano uguali. Una delle più apprezzate era il granito rosa di Assuan, che non tutti però potevano permettersi. Così, nelle mastabe di personaggi importanti come Merekuka o Tiy gli architravi e le colonne in pietra calcarea bianca erano adoranti con macchie grigie e rosse, per simulare il prezioso granito.
Chi si voleva ingannare con questi espedienti? Nessuno, ovviamente. Tuttavia il granito, noto per la sua bellezza e la sua resistenza, era il materiale ideale per costruire una casa destinata a durare per l’eternità. La magia, si sarebbe occupata del resto, compiendo il miracolo di trasformare la pietra calcarea in granito. Allo stesso modo gli alimenti dipinti sulle mura della cappella sarebbero diventati succulenti manicaretti per il defunto.
Articolo in gran parte di Maite Mascort, archeologa, pubblicato si Storica National Geographic del mese di settembre 2018. Altri testi e immagini da wikipedia.
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