L’Orient Express sul treno dei sogni.
I segreti dell’Orient Express, che dal 1883 andava da Parigi a Costantinopoli. E ancora oggi fa lo stesso viaggio, una volta l’anno.
locandina dell'Orient Express
Orient Express. Un nome che ha fatto sognare generazioni di viaggiatori e stuzzicato la fantasia di romanzieri, da Agata Christie con Assassinio sull’Orient Express a Ian Fleming con 007, dalla Russia con amore. Ma è anche un nome che evoca storie di vere spie, intrighi e mistero. La grande avventura iniziò il 4 ottobre 1883, quando, tra nuvole di vapore e fischio inaugurale, il treno lasciò solennemente la Gare de l’Est di Parigi diretto a Instanbul. Nella fola elegante che assisteva alla partenza non mancavano gli scettici, convinti che “andare da Parigi a Costantinopoli fosse insensato come pensare di andare sulla Luna”, scrisse nel suo articolo sul Figaro il giornalista Edmond About. Insieme ad altri scrittori e personalità, faceva parte dei 40 invitati saliti a bordo per il viaggio di inaugurazione. Tutti erano elettrizzati per questa nuova esperienza e la raccomandazione di portare con sé un revolver non faceva che aggiungere suspense. L’Express de Orient, ribattezzato Orient Express nel 1891, era un vero gioiello di tecnica e di eleganza. A cominciare dalle carrozze, tutte in teak verniciato e scintillante, riscaldate a vapore e illuminate a gas. Il wagon-lit era dotato di cuccette che il giorno si trasformavano in comodi divani: una novità per i tempi. E tutto era curato nei minimi particolari. Le lenzuola, lievemente profumate, venivano “cambiate tutti i giorni, una raffinatezza sconosciuta nelle case più ricche”, annotava About. Il convoglio comprendeva anche una sala biblioteca, dove si poteva fumare, un salottino per le signore e un office per chi voleva scrivere o lavorare in tranquillità.
Nella carrozza ristorante uno dei chef “stellato” cucinava piatti raffinati. Tutto veniva servito in piatti di porcellana con posate d’argento e accompagnato da vini eccellenti. Ma con gli scossoni del treno il vino non rischiava di traboccare dal bicchiere? Tranquilli, l’ingegnere ferroviario Delaitre aveva già verificato personalmente. Grazie alle nuove ed efficienti sospensioni neppure una goccia di liquido poteva cadere dal bicchiere pieno fino all’orlo. L’Express de l’Orient percorsi il tratto Parigi-Instanbul in quattro giorni, che si ridusse a tre quando, nel 1889, il percorso fu ottimizzato. Il treno attraversò la Baviera di Luigi II, l’Austria-Ungheria di Francesco Giuseppe, la Serbia di Alessandro I, la Romania di Carlo I, la Bulgaria di Ferdinando I e la Turchia di Abdul-Hamid II. E proprio Ferdinando lasciò tutti interdetti quando pretese di improvvisarsi macchinista nel tratto che attraversa il suo Stato. Guidò come un matto e nessuno osò opporsi.
il tragitto dell'Orient Express
IL PROGETTO. Ma chi fu l’artefice di questo gioiello su rotaie? Un giovane ingegnere belga, Georges Nagelmackers (1845-1905), rampollo di una famiglia di banchieri. Durante un viaggio negli Stati Uniti salì sui vagoni-letto di George Mortimer Pulmann, dove si poteva dormire, ma senza una vera privacy. Ne rimase colpito, e tornato a casa, fondò la Compagnie Internationale de Wagons-Lits per offrire treni di sola prima classa, lussuosi e confortevoli, per la clientela europea più agiata. Fece centro. Il successo fu tale che tra il 1883 e il 1940 la rete ferroviaria contava 29 linee che collegavano Londra con Parigi e Instanbul, Atene, Damasco, Teheran. Ma anche Madrid, Lisbona, Roma, Nizza e località sciistiche in voga nelle Alpi (Lech, Innsbruck…).
ORIENTALISMO. L’Orient Express contribuì ad alimentare la moda dell’esotico, di un Oriente “nell’Ottocento. Pittori e scrittore come Ingres, Delacroix, Hugo e Byron rimasero stregati dal fascino di Costantinopoli, la città dalle trecento moschee, l’antica Bisanzio, il cui panorama “era così sorprendentemente bello da dubitare della sua realtà” come scrisse il poeta francese Théophile Gautier nel 1853. Ma era soprattutto il nome dello scrittore Pierre Loti a essere indissolubilmente legato a Costantinopoli, dopo il successo del romanzo Aziyadé del 1879. La sua era una voce fuori da color. Odiava “questi ricchi sfaccendati che l’Orient Express scarica nelle strade, intrusi che profanano questo caro suolo, senza avere l’ammirazione e il rispetto che la vecchia Stambuò (come la chiamava) ancora richiede”. Per Pierre Loti l’Orient Express era sinonimo di turismo di massa, superficiale e distratto.
Il pallino del lusso.
L’intraprendente Geroges Nagelmackers non si limitò solo ai treni, ma si preoccupò anche del confort dei suoi passeggeri arrivati a destinazione. Raramente infatti si trovavano hotel all’altezza delle aspettative. Fondò così la Compagnie Interantionale des Grands Hotels (CIWL), la prima catena al mondo di alberghi di lusso, dove i ricchi viaggiatori potevano frequentarsi soggiornando negli stessi hotel. Pochi eletti. A Instambul, nel 1892, fu costruito il Pera Palace, dove era di casa anche Agatha Christie, nella camera 411. (vedi l’articolo gli avori di Nimud su questo blog). Tra gli altri che seguirono vi fu il Rovoera Palace a Nizza (1893), il Ghezireh Palace Hotel al Cairo (1893), l’Elysée Palace Parigi (1896), il Riviera Palace a Montecarlo (1899) e a Pechino il Grand Hotel des Wagons-Lits (1904). Ma con la Grande Guerra gli hotel si svuotarono e l’esperienza alberghiera della CIWL ebbe fine. Con ricavato della vendita degli hotel fu possibile ricostruire le carroze letto e ristorante decimate dal conflitto.
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ARISTOCRAZIA IN VIAGGIO. Il mondo elegante e cosmopolita della Belle Epoque fece invece dell’Orient Express il suo simbolo. Carlo II di Romania, il Sultano Abdul-Hamid II e il re Leopoldo II del Belgio, spesso accompagnato dall’amante Cléo de Mérode, furono tra i primi a salire a bordo. E in un solo giorno, nel 1902, ci fu il pienone di aristocratici: il granduca imperiale Vladimiro di Russia, Alberto di Prussia, il principe Cristiano di Danimarca, il principe di Monaco e il conte von Moltke. Da allora l’Orient Express si meritò il soprannome di re dei treni e treno dei re. Ma a bordo si potevano incontrare anche personaggi discutibili, come Basil Zaharoff, potentissimo trafficanti di armi ai tempi della Prima guerra mondiale. Sull’Orient Express, nel 1866, giocava il ruolo del seduttore: fu lì infatti che conobbe l’affascinante diciassettenne Maria del Pilar, duchessa di Villafranca de Los Caballeros, che più tardi sposò. Un altro personaggio fuori del comune fu l’armeno Calouste Gulbenkian, che nel luglio 1896 salì sul treno per sfuggire al massacro dei suoi compatrioti, portando con sé, avvolto in un tappeto, il figlio Nubar. Gulbenkian divenne in seguito ricchissimo grazie al bussines del petrolio. Per tutti era il “Signor Cinque per cento”, perché questa era la percentuale di quote che pretendeva dalle compagnie petrolifere che contribuiva a sviluppare. Nel 1915 salì sul treno anche Cosima, figlia di Franz Listz e vedova di Richard Wagner. Un compagno di viaggio, Ferdinand Bach, la ricorda con il volto nascosto dal velo, che imponeva “rispetto, ricevendo gli omaggi dei fanatici del geniale maestro”. Ma l’Orient Express fu utilizzato anche da spie e agenti segreti. Lawrence d’Arabia, colonnello britannico e agente segreto (Thomas Edward Lawrence era il suo vero nome), negli anni della Prima guerra mondiale diventò uno dei capi della rivolta araba contro la dominazione turca, nel 1909, ancora studente, fece il suo primo viaggio verso questa terra lontana a bordo dell’Orient Express, e vi tornò molte volte.
Nel 1910 salì sul celebre treno la ballerina Mata Hari, ingaggiata poi come spia dai tedeschi e fucilata nel 1917. Robert Baden-Powell, che lavorava per i servizi segreti britannici (ma oggi è noto soprattutto come fondatore del Movimento Scout) viaggiò spesso sull’Orient Express, fingendosi un collezionista di farfalle, sulle cui ali disegnava la mappa miniaturizzata delle fortificazioni nemiche e il posizionamento dei cannoni. Più avanti sarà la volta di Kim Philby, Richard Sorge, Naum Ejtingon, Ramon Mercader; tutti celebri 007 al servizio del Cremlino.
La carrozza n. 2419.
L’11 novembre 1918, il maresciallo Foch firmò l’armistizio che segnava la fine della Prima guerra mondiale nella carrozza n. 2419 dell’Orient Express vicino a Compiègne. E il 22 giugno 1940 Adolf Hitler volle che la resa francese fosse firmata nello stesso luogo e nella stessa carrozza del 1918. Poi la fece trasportare a Berlino come trofeo. Nel 1945 Hitler diede ordine a un reparto delle SS di distruggerla, per non subire l’umiliazione di risalire su quella stessa carrozza, questa volta da sconfitto.
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TRA LE DUE GUERRE. Alla fine della Grande Guerra l’Orient Express non esisteva più. I vagoni, requisiti a scopo bellico, erano danneggiati o distrutti. Così la Compagnie internazionale des Wagons-lits li sostituì con altri ancora più lussuosi, verniciati di blu con filetti d’oro. E tutti in metallo, per eliminare i rumori delle carrozze in teak. Le pareti interne erano rivestite di lacche, intaglia di legni rari e pannelli di vetro realizzati dal famoso René Lalique. Anche la clientela era cambiata. Le donne ora avevano acconciature e vestiti corti e profonde scollature; gli uomini portavano i capelli lisci e impomatati. L’Orient Express, tornato in auge, era il simbolo della voglia di vivere degli anni Venti. Ma la guerra aveva lasciato il suo strascico e spesso si incontravano russi bianchi cacciati dalla Rivoluzione d’ottobre o inglesi, americani e francesi scossi dallo spettacolo dell’Europa distrutta. Nel marzo del 1929 anche Trotskij, esiliato da Stalin, salì sull’Orient Express a Parigi diretto a Istanbul. Marlene Dietrich lo prendeva abitualmente e Agatha Christie vi incontrò il marito archeologo. Ma nel 1931 una tragedia si abbatté sul treno dei re: dei terroristi fecero saltare il viadotto di Biatorbagy, in Ungheria, proprio al passaggio del convoglio. Alcuni vagoni caddero nel vuoto, provocando una ventina di morti e un centinaio di feriti. In viaggio su quel treno c’era la soubrette Josephine Baker che aiutò i feriti e cantò per loro.
Che fine ha fatto?
Un treno come l’Orient Express non può scomparire nel nulla. A rimettere sulle rotaie il glorioso convoglio ci pensò l’anglo-americano James Sherwood, proprietario di una catena di hotel di lusso, la Orient Express Hotels, a cui le ferrovie francesi SNCF avevano concesso il diritto di utilizzare il famoso marchio. Sherwood decise poi di riesumare anche il mitico treno e comprò alcune carrozze Pullman degli anni Venti e Trenta in pessime condizioni. Nel 1928, perfettamente restaurato e attualizzato, il Venice-Simplon Orient Express iniziò la sua seconda vita. Nel 2014 la multinazionale rinunciò poi al marchio Orient Express per la catena alberghiera, che cambiò in Belmond, mantenendo il prestigioso brand solo per il Venice-Simplon Orient Express.
SI RIPARTE. L’itinerario attuale, non proprio alla portata di tutti i portafogli, prevede la partenza da Londra. In Francia, poi, i vagoni si uniscono al treno Continental Wagon-lits con carrozze blu e oro degli anni Venti. Il vi
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ULTIMA FERMATA. Dopo la Seconda guerra mondiale nulla fu come prima. La cortina di ferro che divise l’Europa dell’Est da quella dell’Ovest mise in difficoltà la circolazione dei treni, obbligati a estenuanti controlli. E i viaggiatori preferirono la velocità degli aerei. La compagnia, non solo perse l’etichetta del lusso nel 1948, ma fu costretta a vendere i suoi vagoni uno dopo l’altro. Venne anche aggiunta la seconda classe, nel tentativo di attirare nuovi passeggeri. Dagli anni Sessanta in poi la decadenza fu sempre più evidente e il 19 maggio 1977 il glorioso treno dei re, diventato democratico, effettuò il suo ultimo viaggio, con lo stesso percorso che lo rese famoso, il Parigi-Istanbul.
Articolo in gran parte di Silvia Buchi pubblicato su FOCUS STORIA n. 142. Altri testi e immagini da Wikipedia.
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