Cesare e Cleopatra sotto
assedio.
Il grande generale romano era finito avventatamente in un grosso guaio: chiuso in trappola dall’esercito egiziano, stava per soccombere. Con l’unica consolazione di avere accanto la seducente Cleopatra, che gli darà un figlio, e grazie a lui salirà sul trono dei faraoni.
Cleopatra (Cleopatra Tea Filopatore) | |
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Busto marmoreo di scuola alessandrinaraffigurante la regina Cleopatra, 40/30 a.C. (Altes Museum, Berlino) | |
Regina d'Egitto | |
In carica | 52 – 12 agosto 30 a.C. (fino al 51 a.C. con Tolomeo XII) (dal 51 al 47 a.C. con Tolomeo XIII) (dal 47 al 44 a.C. con Tolomeo XIV) (dal 44 al 30 a.C. con Tolomeo XV) |
Predecessore | Tolomeo XII |
Erede | Tolomeo XV |
Successore | nessuno (annessione alla Repubblica romana) |
Nome completo | Κλεοπάτρα Θεά Φιλοπάτωρ (Kleopátra Theá Philopátor) ḳliw-pꜣ-drꜣ (qliu-pa-dra) (per la titolatura egizia, vedi lasezione dedicata) |
Altri titoli | Regina dei Re e delle Regine Regina dell'Alto e del Basso Egitto Regina di Cipro |
Nascita | inverno 70/69 a.C. |
Morte | Alessandria d'Egitto, 12 agosto 30 a.C. |
Luogo di sepoltura | Alessandria d'Egitto |
Dinastia | Tolomei |
Padre | Tolomeo XII |
Madre | ignota |
Coniugi | Tolomeo XIII (48-47 a.C.)? Tolomeo XIV (47-44 a.C.) Marco Antonio (de factodal 42 a.C.; ufficialmente: 37-30 a.C.) |
Figli | Da Gaio Giulio Cesare: Tolomeo XV Cesare Da Marco Antonio: Alessandro Helios, Cleopatra VIII Selene, Tolomeo Filadelfo |
Cleopatra Tea Filopatore[1][N 1] (in greco antico: Κλεοπάτρα Θεά Φιλοπάτωρ;[N 2] in egizio: ḳliw-pꜣ-drꜣ, qliu-pa-dra; in latino: Clĕŏpătra; 70/69 a.C.[2] – Alessandria d'Egitto, 12 agosto 30 a.C.[3]), conosciuta per un breve periodo nel 51 a.C. semplicemente come Cleopatra Filopatore (Κλεοπάτρα Φιλοπάτωρ), dal 36 a.C. come Cleopatra Tea Neotera Filopatore (Κλεοπάτρα Θεά Νεώτερα Φιλοπάτωρ) e dal 34 a.C. con il titolo aggiuntivo di Nea Iside (Νέα Ἶσις) e chiamata nella storiografia moderna Cleopatra VII o semplicemente Cleopatra, è stata una regina egizia del periodo tolemaico, regnante dal 52 a.C. alla sua morte.
Il 31 settembre del 48 a.C. Cesare, a capo di poco più di 3000 legionari, arrivava in Egitto via mare per inseguire il suo più acerrimo nemico Pompeo, sconfitto quasi due mesi prima nella battaglia di Farsalo (9 agosto). Era però riuscito a fuggire, prima in Grecia e poi nel Paese dei faraoni a quei tempi turbato da una drammatica lotta dinastica. Cesare era conscio che solo con la cattura o la morte di Pompeo la guerra civile, che da anni sanguinava Roma, avrebbe preso una svolta decisiva. Da qui la decisioni di braccarlo anche in Egitto, per impedirgli di riorganizzarsi: un evento non così remoto, dato che il rivale avrebbe potuto sfruttare le vaste conoscenze che aveva in loto (l’Egitto, all’epoca, era un protettorato romano) per continuare la lotta. Ma i suoi timori, una volta sbarcato ad Alessandria, furono fugati dalla notizia che Pompeo era stato catturato e ucciso per ordine dei consiglieri del giovane Tolomeo XIII, da poco sul trono dei faraoni, ma già vacillante. Un omicidio dai contorni oscuri, su cui le fonti antiche sono contraddittorie (alcuni autori si spingono a ipotizzare la convivenza dello stesso Cesare, che però, in questo caso, non avrebbe avuto motivo per andare in Egitto).
COINVOLTO IN UNA CRISI DINASTICA. Sbarazzatosi del pericoloso rivale, Cesare avrebbe potuto riprendere il mare, concentrandosi sulle rimanenti forze filo pompeiane presenti in Tunisia e Spagna, e mettere fine alla guerra civile. Ma non lo fece. Preferì rimanere ad Alessandria, finendo con l’immischiarsi nella contesa dinastica che stava dilaniando l’Egitto.
Tutto era cominciato nel 51 a.C., quando Tolomeo XII morente aveva scelto come successori la figlia maggiore Cleopatra, e il giovanissimo figlio Tolomeo XIII. Una decisione rivelatasi disastrosa perché due anni dopo la giovane regina, odiata dalla popolazione, era stata costretta a fuggire in Siria, insieme alla sorella minore Arsinoe, dove si era messa all’opera per riprendersi il Paese con la forza. Il giovane Tolomeo, rimasto solo ma sotto la tutela di scaltri consiglieri (l’eunuco Potino, il generale Achilla e il retore Teodoto) si era visto costretto a mobilitare le truppe e accamparsi a pochi passi dalla frontiera per scongiurare la minaccia. L’arrivo di Cesare fu quanto mai intempestivo, perché pochi giorno dopo lo sbarco decise di proclamarsi custode del testamento di Tolomeo XII, chiedendo a Cleopatra e al fratello di cessare le ostilità e di presentarsi al suo cospetto, affinché si potesse raggiungere un compromesso. Uno strappo politico senza precedenti che fu interpretato come un proditorio atto di sottomissione del regno dei faraoni a Roma e fece infuriare la popolazione. Possibile che l’avveduto Cesare non avesse valutato l’impatto di una decisione così dispotica? Ma soprattutto non si rese conto di quanto precaria fosse la sua posizione, considerata l’esigua entità del suo esercito? Nel De bello civili si legge che cercò di premunirsi mandando emissari in Grecia per chiedere che gli fossero inviate una parte delle legioni dislocate altrove, ma alcune avversità resero momentaneamente impossibile qualsiasi tentativo delle truppe stanziate in Grecia di accorrere in suo aiuto. Pur consapevole della debolezza militare, Cesare continuò irremovibile sulla sua strada, pensando che sarebbe stato in grado di risolvere la questione con la diplomazia. Ma gli eventi successivi dimostrarono il contrario. La stessa convocazione a corte dei due sovrani non fu immune da colpi di scena: il giovane Tolomeo, che in un primo tempo si era rifiutato di abbassarsi a una simile offesa, alla fine, dietro consiglio dei suoi tutori, cedette e arrivò nella reggia alessandrina (un vasto complesso nel quartiere di Bruchion a strapiombo sul mare e dominante sul porto) dove Cesare si era insediato. Mancava ancora Cleopatra che arrivò con modalità decisamente più romanzesche: terrorizzata dall’idea di essere intercettata dagli emissari del fratello, l’aspirante regina, come riportato da Plutarco, mise in atto un incredibile stratagemma: si fece portare a destinazione avvolta in un tappeto, che fu recapitato a Cesare da una nave attraccata nel porto del palazzo. Che questo aneddoto sia vero o meno, i due fratelli avversi si trovarono a convivere con Cesare al palazzo, ospiti e ostaggi allo stesso tempo.
Il De Bello civili scrive: “All’improvviso giunse la notizia che l’esercito di Tolomeo (comandato da Achilla) e tutta la cavalleria egiziana stavano puntando su Alessandria”. Solo allora Cesare si rese conto di essere stato attirato in trappola dai consiglieri di Tolomeo per poter catturare, ed eliminare (così come era stato fatto con Pompeo), lui e Cleopatra in un colpo solo. Era una situazione pressoché disperata, dato che Cesare non era in grado di fronteggiare a lungo la minaccia: le sue forze non erano abbastanza numerose per difendere le mura, tantomeno per affrontare gli avversari (20mila uomini) in una battaglia in campo aperto. Decise pertanto di barricarsi all’interno della reggia, a cui era annesso il porto, con la sola prospettiva di sopravvivere il più a lungo possibile. L’unica consolazione fu certamente quella di avere accanto, in quei mesi di convivenza forzata la giovane e seducente regina.
CESARE E CLEOPATRA ASSEDIATI. Su quel periodo di convivenza fra Cesare e Cleopatra le fonti storiche dicono molto poco, quello che è certo fu in quelle drammatiche circostanze che nacque tra loro un rapporto intimo di lunga durata, considerando il ruolo che avrebbe avuto in seguito nella vita del generale romano: non solo gli avrebbe dato un figlio, ma avrebbe soggiornato a Roma, nella sua villa aldilà del Tevere, per ben due anni (dal 46 al 44 a.C.), prima di ritornare in patria dopo la sua morte. Fu comunque grazie a Cesare e al suo intromettersi nelle beghe dinastiche egiziane che Cleopatra, dopo quella drammatica avventura, sarebbe diventata regina.
Intanto le truppe egiziane avevano occupato la gran parte della città, isolando Cesare, asserragliato con pochi uomini e scarse provviste. Erano i primi giorni di novembre e iniziava un assedio che contro ogni previsione si sarebbe protratto per molti mesi. Lo stallo era dovuto al fatto che i Romani, anche se intrappolati, resistevano tenacemente anche nelle scaramucce fuori dal palazzo, sfruttando il vantaggio delle strade molto strette che collegavano la reggia al resto della città e potevano essere difese da manipoli di pochi legionari ben addestrati in grado di tenere testa alla massa avversaria. Teatro dello scontro divenne ben presto anche l’area portuale su cui si affacciava il palazzo e che Cesare conservava tenacemente, perché dal mare sarebbero potuti arrivare i rinforzi. Durante il lungo assedio, tra le file nemiche si erano verificati alcuni drammatici avvicendamenti, degni dei più tortuosi intrighi d’Oriente: a metà novembre il comando dell’esercito era passato a Ganimede, eunuco della giovane Arsinoe, che si era proclamata regina facendo uccidere il generale Achilla. Il nuovo comandante cercò di ridare forza alle operazioni, tagliando le forniture d’acqua potabile, ma il suo tentativo fu vanificato dal fatto che i legionari erano riusciti a scavare pozzi intercettando alcune falde acquifere. La resistenza dei Romani, quindi, continuava ad oltranza e Ganimede non sapeva fare meglio del suo predecessore.
La situazione di Cesare stava peggiorando di giorno in giorno, con la perdita continua di soldati e l’assottigliarsi delle provvigioni, quando, insperatamente, spuntarono all’orizzonte i pennoni delle navi romane giunte in soccorso. Ma fu una breve illusione perché i rinforzi – della XXXVII Legio – erano insufficienti per ribaltare le sorti dello scontro. Inoltre, il loro arrivo fu ostacolato dai venti contrari, che impedivano alle navi di attraccare. Per risolvere la situazione, Cesare in persona, con alcuni dei suoi, raggiunse le imbarcazioni in balia del vento. Ma i suoi movimenti non erano passati inosservati e gli Egiziani, quando seppero della sua presenza in mare, non persero tempo e decisero di attaccarlo con tutte le navi a loro disposizione. Ma, per quanto numericamente superiori, ebbero la peggio, battuti in due battaglie navali a breve distanza l’una dall’altra.
Busto di Gaio Giulio Cesare, dittatore romano e amante di Cleopatra (Musei Vaticani, Città del Vaticano)
LA SALVEZZE VIENE DA EST. L’esito positivo di questi scontri, tuttavia, non mutò il quadro della situazione generale. Cesare, tornato nella fortezza, rimaneva asserragliato senza via d’uscita. Uno spiraglio si aprì quando gli Egiziani mandarono una loro delegazione per proporre a Cesare uno scambio: se avesse consegnato loro Tolomeo, avrebbero interrotto l’assedio. Lo stesso giovane principe giurò che una volta tornato al comando delle sue truppe avrebbe cessato le ostilità e permesso ai Romani di tornare in patria. Forse Cesare, avveduto com’era, non si fidava del tutto, ma decise di accettare il patto, che però venne puntualmente tradito: dopo che Tolomeo fu a capo delle truppe nemiche, non solo non tolse l’assedio, ma gli Egiziani intensificarono i loro attacchi, decisi a chiudere la partita. La guerra andò avanti brutale come prima e la saldezza dei Romani incominciò a scricchiolare. Erano ormai allo stremo, quando, all’inizio del febbraio del 47 a.C., la speranza di salvezza arrivò sotto forma di missiva, condotta via mare da alcuni emissari, che informava Cesare che i tanto attesi rinforzi erano arrivati ai confini orientali del Paese, non lontani da Pelusio, sul confine siriano. A guidarli era Mitridate di Pergamo, fedele alleato di Roma, che nei mesi precedenti, raggiunto dai delegati di Cesare, aveva accolto la sua richiesta d’aiuto allestendo un esercito. La sua avanzata fu veloce e inarrestabile: sconfitta la guarnigione egiziana a Pelusio, Mitridate si mise in marcia verso Alessandria. Tolomeo e i suoi cercarono di sbarragli la strada, mandandogli contro parte delle truppe, ma queste furono battute nella battaglia di Campo degli Ebrei. Dopodiché al giovane faraone non restò che tentare di fermare la minaccia personalmente, abbandonando l’assedio di Alessandria.
Liberato dall’accerchiamento, Cesare riorganizzò le sue truppe e si mise immediatamente in marcia per riunirsi ai rinforzi in arrivo. Non ne ebbe il tempo, perché, a un certo punto, si trovò la strada sbarrata dalle forze nemiche che si erano acquartierate per la notte. Il generale avrebbe potuto prendere tempo, in attesa di Mitridate, ma non lo fece: con le sue poche forze lanciò un attacco a sorpresa contro l’accampamento egiziano. Fu una vittoria senza appello: chi non morì combattendo cadde mentre fuggiva inseguito dai rabbiosi legionari. Per lo stesso Tolomeo non ci fu scampo, e finì annegato in un ramo del Nilo.
Il conflitto alessandrino era arrivato al suo drammatico epilogo e per Cesare, dopo essere uscito, per abilità e fortuna, da una situazione quasi disperata, si spalancavano le porte del Paese. Niente più impediva all’affascinante Cleopatra di sedere sul trono del padre, sotto l’ala protettrice di Cesare.
Massima espansione del Regno d'Egitto sotto il governo di Cleopatra, a seguito delle Donazioni di Alessandria
Il parere degli antichi.
Perché Cesare cadde nella trappola alessandrina senza rendersi conto che avrebbe potuto tramutarsi in un disastro? Se sull’argomento gli storici moderni hanno speso fiumi d’inchiostro, stupisce che anche i suoi contemporanei abbiano mostrato la stessa morbosa curiosità. Secondo lo storico Plutarco, Cesare si accollò un conflitto non necessario solo ed esclusivamente per amore di Cleopatra; una parentesi non proprio edificante della sua pur gloriosa carriera, che si tradusse in vergogna e pericoli. Altri autori, invece, puntano il dito contro la condotta spregiudicata della vasta cerchia di consiglieri della corte tolemaica e, in speciale modo, dell’eunuco Potino che progettava di allontanare la dominazione Romana per restituire l’indipendenza alla terra dei faraoni. Un piano che prevedeva la morte prima di Pompeo, come avvenne, e poi di Cesare, subito dopo. Per questo, il futuro dittatore sarebbe stato attirato in una vera e propri trappola pianificata a tavolino, ancor prima che giungesse in Egitto. Un intrigo di palazzo che avrebbe potuto priva Roma del suo grande condottiero e cambiare la Storia.
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L'antica città di Alessandria d'Egitto
Articolo in gran parte di Antonio Ratti, giornalista e ricercatore storico pubblicato su BBC History del mese di settembre 2018. Altri testi e immagini da Wikipedia.
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