Luigi XV prese le redini di una Francia già sul lastrico. All’inizio beneamato dai suoi sudditi, fece scelte disastrose in guerra e in amore. E finì “malamato”.
Si dice che Luigi XV, dopo le nozze del suo erede al trono nella primavera del 1770, abbia chiesto all’intendente alle finanze: “come avete trovato le mie feste a Versailles?” , “Sire, le trovo impagabili”, avrebbe replicato con imbarazzo il funzionario, l’abate Terray. Mai risposta fu più profetica: i fornitori che avevano contribuito alle celebrazioni, infatti, non furono mai pagati del tutto. Era questa l’aria che si respirava alla corte di Luigi XV, i cui fasti, insieme alle inutili guerre, contribuirono al dissesto finanziario dello Stato, ponendo le basi per il rovinoso crollo del trono francese. Le spese pazze, a dire il vero, erano cominciate sotto il lunghissimo regno di Luigi XIV, al potere dal 1643 al 1715. Era stato il Re Sole, bisnonno e predecessore di Luigi XV, a investire, per primo, fiumi di denaro nella reggia di Versailles, trasformandola in uno sfavillante simbolo dell’assolutismo monarchico. “Il lusso estremo della residenza era concepito in funzione politica, per colpire l’immaginario degli altri Stati e dei sudditi. Imponendo una rigidissima etichetta, il re assoggettò inoltre la riottosa aristocrazia francese, costretta a indebitarsi per star appresso al tenore di vita da lui dettato”, spiega Daria Galateria, autrice del saggio L’etichetta alla corte di Versailles (Sellerio)
La regina Maria Leszczyńska ritratta da Jean-Baptiste van Loo
IL BENEAMATO. Dopo la morte del Re Sole (1715), gli eccessi sembrarono attenuarsi, e in attesa che il piccolo Luigi XV raggiungesse i 13 anni, età, in cui sarebbe salito al trono, il regno fu gestito dapprima dal duca Filippo d’Orléans e in seguito dal cardinale André-Hercule de Fleury, ex precettore del giovane re. Quest’ultimo, nel 1725, a soli 15 anni aveva intanto sposato la ventiduenne Maria Leszczynka, figlia di Stanislao, già re di Polonia e ora nuovamente pretendente al trono. avviandosi alla carriera di monarca, pur guadagnandosi preso il soprannome di Bien-Aimé, Beneamato, Luigi mostrò subito di non aver né la voglia né il polso necessari a guidare degnamente il regno. Era intelligente e colto, ma malinconico e insofferente verso l’etichetta di corte, e finì presto in balia di ambiziosi ministri e intriganti cortigiani. Galante e di bell’aspetto, più che al governo amava dedicarsi alla caccia e alle avventure amorose, dimostrando un’insaziabile appetito sessuale. La povera Maria Leszczynka affrontò ben dieci gravidanze in 8 anni, sopportando poi la concorrenza dello stuolo di spasimanti di cui s’invaghiva il marito. Le più fortunate divennero amanti ufficiali, condizionando le scelte politiche del focoso re. Come la bella Marie Anne de Mailly, ultima di cinque sorelle (di cui quattro divennero favorite di Luigi XV), le cui pressioni furono determinanti per convincere il debole sovrano a partecipare alla guerra di successione austriaca, iniziata nel 1740 nonostante il parere contrario di Fleury a fianco della Prussia e contro una coalizione che comprendeva Austria, Gran Bretagna e Olanda.
AMANTE REGINA. Intanto a Versailles, centro della vita di corte, migliaia di nobili ronzavano attorno a Luigi, ansiosi di mettersi in mostra. Ogni occasione era buona per balli in maschera, banchetti e celebrazioni di nascite o matrimoni, con tanto di costosissimi spettacoli pirotecnici che attiravano fiumi di spettatori. “Nel 1739, in occasione delle nozze per procura tra una delle sue figlie, Louse Elisabeth e l’infante Filippo di Spagna, vennero lanciati incredibili fuochi d’artificio, e quando la sposa si recò a Madrid, per incontrare il marito, il corteo fu talmente sfarzoso da comprendere centinaia di cavalli dedicati solo al trasporto dei suoi vestiti”, racconta l’esperta. Scomparso anche il saggio cardinale Fleury nel 1743, si era fatto largo un’altra potentissima amante del re: Jeanne-Antoinette Poisson, futura marchesa di Pompadur, che per vent’anni dettò legge su tutto , dalla moda (lanciò addirittura un nuovo colore: il rosa Pompadur) alla politica. Di origini borghesi e inizialmente osteggiata a corte, Jeanne-Antoniette era interessata alle ide dell’Illuminismo e prese sotto la sua protezione artisti, filosofi e letterati. Luigi le comprò costosi palazzi (come l’Eliseo a Parigi, ennesimo costosissimo capriccio architettonico), facendo costruire su suo impulso opere raffinate, come il Petit Trianon a Versailles e il castello di Meudon, sulla Senna, per il quale furono impiegati circa 800 operai e cifre colossali. “Tutte le trasformazioni incoraggiate dalla Pompadur, pur imponendo la squisitezza del modello francese in Europa, comportarono enormi sforzi economici”, precisa Galateria. Amante delle rappresentazioni teatrali, Jeanne promosse numerosi spettacoli, curando scenografie, costumi e orchestre senza badare a spese. Negli anni si fece sempre più potente anche dal punto di vista politico. Fu lei a caldeggiare il ribaltamento delle alleanze che portò la Francia a partecipare alla sanguinosa Guerra dei Sette anni a fianco dell’Austria, contro Prussia e Gran Bretagna (1756-1763), che costò a Parigi la perdita di quasi tutte le proprie colonie. La marchesa sapeva d’altronde stregare il re facendo leva sulle sue debolezze, tanto da organizzare personalmente le sue avventure erotiche. Il simbolo di tali perversioni divenne una dimora di Versailles detta Parc aux Cerfs (parco dei Cervi), dove esisteva un harem in cui venivano recluse ragazze scelte dalla Pompadur per allietare il sovrano. A carico dello Stato ovviamente.
La fabbrica di Versailles.
Ristrutturazioni, ampliamenti e qualche capriccio costarono una fortuna. E misero in ginocchio le già fragili finanze.
Ultimata alla fine del XVII secolo, nel corso del regno del Re Sole, l’imponente reggia di Versailles subì numerosi mutamenti sotto il lungo regno di Luigi XV (1715-1774), che finirono per pesare sulle finanze statali. Tra questi, la ristrutturazione degli appartamenti del re e della regina, la costruzione del cosiddetto Salone d’Ercole nel 1736, la demolizione della monumentale scalinata degli ambasciatori (1752) per far posto a nuovi appartamenti e la realizzazione dell’Opéra Reale, ultimata nel 1770. Molti ritocchi furono dettati dal gusto estetico della sua favorita più celebre, Madame de Pompadur, come il palazzo del Piccolo Trianon, iniziato nel 1762.
Tasse insufficienti. In tutto ciò, lo Stato era sull’orlo del fallimento. Alla vigilia del regno di Luigi XV (1715), le casse del regno risentivano ancora delle faraoniche spese del Re Sole, con un debito pubblico che si aggirava intorno ai 1200 milioni di lire francesi. Il suo successore non riuscì a rimettere a posto i conti: per fare cassa e finanziare le numerose guerre si ricorse alla vendita di cariche e uffici pubblici, introducendo nuovi balzelli. Al fine di sopperire alle spese della Guerra di successione austriaca e della Guerra dei Sette anni, per esempio, furono reintrodotte una serie di impopolari imposte dirette come la dixième o la vigtiéme, corrispondenti al 5% o al 10% del reddito, mentre venne incrementata la taille, un’antica tassa fondiaria che gravava sui contadini divenuta il simbolo dell’opprimente sistema fiscale dell’ancien régime, riscossa fra l’altro in modo inefficiente da esattore spesso corrotti. Fioccarono poi le imposte indirette (simili alla nostra iva) su sale, caffè e altri beni di consumo. Ma le tasse non bastarono per risollevare le sorti delle finanze francesi.
Mappa del primo piano (c. 1837, col nord a destra) che mostra la Galleria degli Specchi in rosso, la Galleria delle Battaglie in verde, la Cappella Reale in giallo e l'Opéra in blu
Il parco di Versailles rappresentato nell' Atlas de Trudaine.
Vista dei giardini di Versailles dal "Place d'Armes"
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Pesarono più le donne o le armi?
Anche se non superò mai gli sfarzi del suo predecessore, Luigi XV non seppe contenere gli sprechi dovuti alla vita di corte, e, tra spese personali, feste generose elargizioni, continuò a sperperare quattrini. A beneficiarne era lo stuolo delle amanti del re, a cui erano spesso concessi doni e pensioni. Nei primi anni della loro relazione, per esempio, lo stipendio mensile concesso dal re a Madame de Pompaduor consisteva in 24mila lire francese (poi scese negli anni seguenti) oltre alle donazioni. Si calcola poi, che dal 1746 al 1764, gli stipendi per i ruoli ricoperti dalla Pompadour a corte ammontassero a 977mila lire. Per avere un’idea del valore: a metà del secolo un contadino francese guadagnava meno di 200 lire in un anno di lavoro; un paio di scarpe costavano 6 lire; un abito modesto 40 lire.
Nero su bianco. Molti di questi importi sono contenuti nel cosiddetto livre rouge (libro rosso), un registro privato delle spese del re pubblicato durante
Marie Anne de Mailly-Nesle, duchesse de Châteauroux (5 October 1717 – 8 December 1744) was the youngest of the five famous de Nesle sisters, four of whom would become the mistress of King Louis XV of France.[1] She was his mistress from 1742 until 1744.[1]
Madame de Pompadour ritratta da François Boucher nel 1756, Alte Pinakothek-Monaco di Baviera
Jeanne Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour, detta Reinette ("reginetta"), meglio nota come Madame de Pompadour (Parigi, 29 dicembre 1721 – Versailles, 15 aprile 1764), è stata la più celebre favorita del re Luigi XVe la donna francese più potente del XVIII secolo
https://it.wikipedia.org/wiki/Madame_de_Pompadour
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I fronti di Luigi XV.
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Guerra della quadruplice alleanza (1717-1720)
Fu combattuta per l’egemonia sul Mediterraneo e vide la sconfitta della Spagna di Filippo V per mano di un’alleanza tra Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Sacro Romano Impero e Ducato di Savoia.
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Guerra di successione polacca (1733-1738)
Stavolta Francia e Spagna si trovarono alleate, in una coalizione che comprendeva anche i Savoia, per sostenere Stanislao Leszczynski, suocero di Luigi XV e pretendente al trono polacco. Russia, Prussia, e Sacro Romano Impero favorirono l’ascesa di Augusto III di Sassonia, che alla fine prevalse, mentre a Stanislao fu garantito il possesso della Lorena e Madrid riacquisì il Regno di Napoli e la Sicilia.
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Guerra di austriaca (1740-1748)
Alla morte di Carlo VI d’Asburgo,
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Guerra dei sette anni (1756-1763)
Combattuta su più continenti, vide lo scontro diretto tra la potenza colonia britannica (alleata con Prussia, Austria, Portogallo e altri Stati tedeschi) e quella francese (al fianco di spagnoli, russi e svedesi). Per Parigi fu un fallimento:
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DECLINO INARRESTABILE. Scandali ed eccessi non passarono inosservati: nel Paese dissanguato dalle tasse e impoverito dai conflitti montò un profondo malcontento, e sulle abitudini del re cominciarono a circolare critiche e scritti satirici. Bastava qualche rima insolente per finire dietro le sbarre, come avvenne nell’estate 1749 con una canzone in cui il sovrano era definito “monstre dont la noire furie” (mostro dalla nera furia), che comportò l’arresto di 14 persone. L’insoddisfazione si trasformò in violenza nel 1757 quando uno squilibrato di nome Robert François Damiens pugnalò il re. Sopravvissuto all’attentato, Luigi visse poi dieci anni di lutti: perse la figlia Louise Elisabeth, l’amata Pompadour, l’erede al trono Luigi Ferdinando e la moglie Maria. Intanto il popolo si era stancato delle sue stravaganze, tanto da ribattezzarlo con il beffardo soprannome di Mal-Aimé (malamato).
Incupito il re si gettò tra le braccia di un’affascinante adolescente di nome Marie-Jeanne Bécu (nota anche come Madame du Barry) affidando dal 1758 gli affari del regno al duca Etienne Francois de Choiseul, ex favorito della Pompadour. Tuttavia, alcuni dissidi con l’ultima amante del re e la volontà di intraprendere un’altra guerra contro gli inglesi gli costarono l’esilio nel 1770. Fu proprio in quell’anno che a Versailles si celebrà l’ultima grande festa del regno di Luigi XV: le “impagabili” nozze tra il nipote Luigi Augusto (futuro Luigi XVI) e l’Austriaca Maria Antonietta. Quattro anni dopo, il re morì stroncato dal vaiolo. I due sposini invece, nel 1789 sarebbero stati travolti dalla furia della Rivoluzione francese. furono loro a pagare, con la vita, il conto del dissennato regno di Luigi XV.
Articolo in gran parte di Massimo Manzo pubblicato su Focus Storia n. 141. altri testi e immagini da wikipedia.
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