giovedì 13 settembre 2018

La Pérouse: viaggio verso l'ignoto

La Pérouse: viaggio verso l’ignoto.
Luigi XVI incaricò La Pérouse di esplorare il globo, ma non per conquistare terre, solo per sete di conoscenza.

ritratto di La Pérouse 
Nel 1788, le fregate del capitano francese Jean-Baptiste La Pérouse, partite tre anni prima per il più grande viaggio di esplorazione mai realizzato nell’oceano Pacifico, si infransero contro le scogliere dell’isola di Vanikoro, in Australia. Dei 200 uomini a bordo, solo un gruppetto scampò al terribile naufragio. Nessuno dei superstiti pero, rivide mai l’Europa. Terminava così nel modo più tragico, la stagione delle esplorazioni scientifiche del Settecento. Nato nel 1741 ad Albi, nel sud della Francia, il nobile La Pérouse abbracciò la carriera militare in marina, che lo portò a solcare i mari e diventare un esperto geografo. Il suo viaggio fu senza dubbio il più ambizioso tra quelli organizzati nell’Età dei lumi, anche se è meno noto di quello dell’inglese James Cook, l’altro grande esploratore del Settecento, che prese il largo una quindicina di anni prima di lui. La Pérouse e Cook, capitani ma anche appassionati di scienza, facevano parte di una nuova generazione di navigatori. Fino ad allora, infatti, gli esploratori erano soprattutto dei militari che avevano come obiettivo la colonizzazione dei territori scoperti.
 
Luigi XVI dà istruzioni a La Pérouse (1785).

IN NOME DELLA SCIENZA. La Pérouse., spiega Bernard Jemenez, vice presidente di La Péreouse Albi, associazione che gestisce il muso locale.
La fiducia nella scienza spinse in mare nuovi viaggiatori. Gli uomini d’arme lasciarono il posto a botanici, naturalisti e geografi, incaricati dal loro Paese di cartografare i territori fino ad allora sconosciuti, osservare la fauna e la flora locale e studiare da vicino i selvaggi, di cui si conosceva poco i loro usi e costumi in Europa. La Pérouse fu scortato da uno stuolo di intellettuali: un ingegnere, un geografo, un astronomo, un matematico, due fisici, quattro tra botanici e naturalisti, tre disegnatori e un orologiaio.
Francia e Inghilterra, le due nazioni più potenti nell’Europa del Settecento, furono le grandi protagoniste dei viaggi per mare. “Nel secolo dei lumi, tra francesi e inglesi non correva buon sangue. i due popoli erano acerrimi nemici nella Guerra dei Sette anni. L’unica cosa che li accumunava era il desiderio di esplorare il mondo. In nome della scienza, dimenticarono la loro rivalità. Luigi XVI ordinò alla marina francese di lasciar viaggiare indisturbato Cook. Dal canto loro, gli inglesi, si impegnarono a rispettare la navigazione di La Pérouse. Insomma, le due nazioni cercarono di cooperare anche in tempo di guerra” racconta Jemenez.
 
Sestante prodotto dalla ditta Louis-Félix Védy e conservato al Museo Galileo, Firenze.

NAVI OCEANOGRAFICHE. Le grandi traversate del Settecento non sarebbero state possibili senza i progressi della tecnologia che permise di costruire navi spaziose e adatta ad affrontare lunghi spostamenti. La Pérouse disponeva di due fregate all’avanguardia, la Boussole, comandata da lui, e l’Astrolabe, ciascuna del peso di 500 tonnellate. Questi giganti del mare potevano ospitare fino a 350 persone a imbarcazione, ma per stare tutti più comodi si decise di accoglierne soltanto 110 per nave. Nuovi strumenti favorirono l’esplorazione scientifica, come spiega Jemenez: “Se già nei secoli precedenti era possibile calcolare la latitudine (era sufficiente osservare la posizione del sole e usare delle tavole astronomiche), la diffusione del sestante permise di effettuare calcoli ancora più precisi. La vera rivoluzione, però, fu il cronometro marino, che consentì di misurare la longitudine in alto mare”. Ma dov’erano diretti gli esploratori dell’epoca? Tutti partivano verso la stessa direzioneil Grande Oceano, com’era chiamato il Pacifico. Gli obiettivi erano attraversare il misterioso passaggio nord-ovest, che avrebbe permesso di passare dall’Atlantico al Pacifico attraverso il Mar Glaciale Artico (ci riuscirà il norvegese Roald Amundesn nel 1906) e, a sud, trovare il leggendario continente australe, di cui si parlava sin dal Rinascimento.
 “All’epoca di La Pérouse, gli europei conoscevano bene l’Atlantico, meno bene il Pacifico. Cook fu il primo a fare un’esplorazione scientifica in quest’oceano. Il grande merito di La Pérouse, invece, è di essersi spinto fin dove l’inglese non arrivò: navigò fino allo Stretto dei Tartari (tra Russia e Giappone) e ancora oggi, in suo onore, un braccio di mare in quest’area porta il nome di Stretto di La Pérouse. A lui dobbiamo anche le carte dettagliate del mare attorno al Giappone e le prime descrizioni degli indiani della California”, continua l’esperto.

C’erano venti scienziati tra i 220 membri della spedizione di La Pérouse. Fece il tentati d’imbarcarsi anche un sedicenne còrso in cerca di fortuna: era Napoleone Bonaparte.


SI SALVI CHI PUO’. Le esplorazioni nel Pacifico duravano anni, per questo erano previste molte soste per fare rifornimenti, studiare il territorio e le popolazioni locali. Erano traversate pericolose in mari sconosciuti, verso terre ignote, e nessuno era sicuro di uscirne vivo. In quest’epoca di progressi la medicina diede un contributo fondamentale per prevenire le epidemie a bordo, come spiega Jemenez: “La pulizia era essenziale. Sia Cook sia La Pérouse facevano disinfettare regolarmente i ponti delle imbarcazioni e arieggiare le cabine. I botanici, inoltre, una volta a bordo, assumevano la funzione di medici: erano loro a somministrare le erbe curative. Lo scorbuto, la malattia più diffusa tra i marinai, provocata dalla carenza di vitamina C, si curava con una birra a base di peccio mariano, un albero della famiglia dei pini”. Lo scorbuto, però, era considerato un male minore, rispetto all’aggressività degli indigeni e agli imprevedibili capricci del mare, che potevano rivelarsi anche fatali. La Pérouse, per esempio, fu particolarmente sfortunato lungo tutto il suo viaggio. Nel 1786, meno di un anno dopo la partenza, 21 marinai annegarono nel corso di un’esplorazione nella baia di Lituya (Alaska). L’anno successivo, altri 12 uomini, sbarcati alle Isole Samoa per cercare acqua dolce, furono lapidati dagli indigeni. Ma il peggio doveva ancora venire.

SPARITO NEL NULLA. Tra maggio e giugno 1788, le navi di La Pérouse si infransero sulle coste dell’isola di Vanikoro. La Bussole, con a bordo La Pérouse, affondò immediatamente, trascinando nelle profondità marine non solo il capitano e il suo equipaggio, ma anche libri, strumenti scientifici di ultima generazione e preziosi documenti di viaggio. Alcuni uomini dell’Astrolabe, invece, riuscirno a salvarsi e a raggiungere la terra. “Non è ancora chiaro, però, quale fu il loro destino. Sicuramente costruirono un accampamento provvisorio per difendersi dagli indigeni (sono state trovate tracce di questo rifugio), ma poi tutti, tranne due, presero il mare su una zattera di fortuna. Sta di fatto che di nessuno di loro giunsero più notizie” , conclude l’esperto.
Il destino di La Pérouse rimase a lungo ignoto. La sua misteriosa scomparsa sconvolse l’Europa. Secondo la leggenda, al momento di salire sulla ghigliottina, nel 1793, Luigi XVI avrebbe chiesto se c’erano notizie di La Pérouse. Solo quarant’anni più tardi un navigatore irlandese riuscì a trovare alcuni resti del naufragio e scoprire finalmente cosa ne era stato dell’ultimo grande esploratore del Settecento.

I viaggi del capitano Cook.
Nulla lasciava presagire l’incredibile destino di James Cook. Umile mozzo sulle navi mercantili, si fece presto notare per la sua passione per la matematica e la navigazione. Nel giro di qualche anno divenne capitano e, nel 1768 (aveva quarant’anni) ottenne il comando di una spedizione finanziata dalla Royal Society di Londra, associazione che ancora oggi promuove la ricerca scientifica.
VERSO I MARI DEL SUD. Cook scoprì le Isole della Società (Polinesia francese) ed esplorò la Nuova Zelanda e l’Australia Orientale, fino ad allora sconosciute (la Nuova Zelanda, in realtà, era nota nel Seicento, ma nessuno aveva osato avventurarvisi). Il successo di questo viaggio gli valse altri due incarichi. Nel 1772 si mise di nuovo in mare. Smontò il mito dell’esistenza del continente astrale e scoprì la Nuova Caledonia (Ocean
ia). Nel corso del suo ultimo viaggio, sbarcò sulle isole Hawaii, da lui battezzate Sandwich. Fu qui che nel 1778, venne ucciso nel corso di uno scontro con la popolazione locale.

Articolo in gran parte di Simone Zimbardi pubblicato su focus storia n. 141 altri testi e articoli da Wikipedia.


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