giovedì 13 settembre 2018

La Francia dopo l'armistizio

Francia contro Francia.
È una questione di cui i Francesi non amano sentir parlare, avendo il mito della gloriosa Resistence,  ma metà Francia era nazista, e lottava con convinzione contro l’altra metà, che si opponeva all’invasore tedesco. Fu vera guerra civile, e lasciò profonde ferite anche se oggi opportunamente dimenticate.
la mappa della Francia dopo l'armistizio

Adolf Hitler si era già tolto la vita nel suo bunker, ma fuori dal palazzo della Cancelleria a Berlino, nei primissimi giorni del maggio 1945, la battaglia ancora infuriava. A opporre un’ultima estrema resistenza, per non arrendersi ai soldati dell’Armata Rossa, furono soprattutto gli uomini della 33° Divisione delle Waffen SS, la Charlemagne: indossavano le divise tedesche, ma erano 300 francesi, volontari arruolati per combattere nei ranghi delle forze armate naziste. Il 24 aprile questo pugno di uomini venne richiamato dalla periferia di Berlino per contribuire alla difesa della capitale dall’assalto delle immense forze sovietiche. Cominciò così la loro breve epopea, che invece di portarli verso la salvezza, fece sì che si stringessero sempre più intorno al cuore della capitale di Hitler, fino a diventarne gli estremi difensori.
La maggior parte di loro cadde in battaglia ma alcuni sopravvissero. Tuttavia, le loro traversie non erano certo finite con la caduta del Terzo Reich. Sfuggiti ai russi attraverso i tunnel della metropolitana, una dozzina di uomini si arrese agli americani. Tutto sommato una buona sorte, ma solo finché non sopraggiunse la 2a Divisione corazzata francese, comandata dal generale Leclerc. Consci dei rischi che questo comportava per loro, le SS francesi tentarono la fuga, ma l’8 maggio furono ripresi a Karlstein. A quel punto il generale Leclerc chiese perché indossassero la divisa delle Waffen SS, ma essi replicarono sprezzanti: “E voi perché indossate quelle americane?”. Inutile dire che furono fucilati sul posto dai loro connazionali.

                                                                              Hitler a Parigi


La nostra battaglia per la Nuova Francia Socialista - Come ci amano!(manifesto francese del governo di Vichy).

Con governo di Vichyregime di VichyRepubblica di Vichy e ufficialmente Stato Francese (État Français) si indica comunemente lo Stato che governò la parte meridionale della Francia dopo l'invasione tedesca nella seconda guerra mondiale (1940-1944), con l'eccezione della zona di Mentone (occupata dall'Italia) e della costa atlantica, governata dalle autorità tedesche.
Nel corso della seconda guerra mondiale mantenne la sua neutralità militare, ma non politica, vista la dipendenza dai nazisti. Il nome di Stato francese era contrapposto a quello di Repubblica Francese, ovvero la Terza Repubblicaestintasi con l'armistizio del 1940. Ufficialmente indipendente, in realtà era uno Stato satellite del Terzo Reich. Il nome ufficiale dello Stato è ormai decaduto dall'uso comune e nel dopoguerra si è diffusa la definizione regime di Vichy o Francia di Vichy. Seguì la Terza Repubblica (Troisième République) e precedette il Governo provvisorio della Repubblica francese (GPRF - Gouvernement provisoire de la République française).

UNA MILIZIA NAZIFASCITA DI 30MILA UOMINI.

un volontario francese
La 33. Waffen-Grenadier-Division der SS Charlemagne (französische Nr. 1) e Charlemagne Regiment sono nomi collettivi usati per le unità francesi di volontari nella Wehrmacht e successivamente nelle Waffen-SS durante laSeconda guerra mondiale.

Gli uomini della Charlemagne (che arrivò a contare più di 7000 soldati) non furono certo gli unici francesi a schierarsi con i tedeschi. A parte gli oltre 300 mila francesi arruolati a forza (soprattutto in Alsazia e Lorena), furono decine di migliaia a indossare volontariamente la divisa della Wehrmacht o delle SS, andando a costituire la maggior forza di volontari d’Europa. Alcuni si limitarono a generici compiti di tutela della Francia, come i 7000 artiglieri che si arruolarono nelle batterie antiaeree delle celebri FlaK o i 3200 marinai che entrarono nella flotta tedesca con compiti di gestione e difesa dei porti francesi. Altri invece sposarono l’ideologia nazifascista e servirono con grande zelo la causa di Hitler: 2500 militarono nella temibile organizzazione nazista Todt, 180 entrarono fra i commando scelti (i Brandenburg), più di 6000 (ma a candidarsi furono 13500) partirono per la campagna di Russia con la Légione des Volontaires Français (Lvf), 2500 costituirono la Brigade Frankreich delle SS. A questi uomini che vestirono la divisa tedesca, vanno aggiunti soprattutto i 30mila che fecero parte della Milice, la milizia nazifascista che si occupava di garantire l’ordine in Francia, dando la caccia ai partigiani e agli ebrei. Il tutto senza contare le centinaia di migliaia di uomini che rimasero in servizio nelle forze militari di polizia nominalmente francesi nei territori occupati, a Vichy o nelle colonie. Numeri che dimostrano come la storia della Francia nemica ad oltranza dei nazisti e infine vincitrice della Seconda guerra mondiale racconti solo una parte della verità. Ed è la versione che più fece comodo trasmettere nel dopoguerra, tanto da garantire a Parigi un posto fra i membri permanenti delle nascenti Nazioni Unite, come se fosse uscita dal conflitto come indomita vincitrice, anziché sconfitta in modo umiliante.
È pur vero che la Francia aveva iniziato le ostilità dichiarando guerra alla Germania ed é altrettanto vero che l’ostinata resistenza di personaggi come Charles de Gaulle e altri come lui, unitamente al ruolo svolto dai partigiani francesi, offrì l’occasione per rivendicare la “coerenza” dei transalpini (rientrato a Parigi nel 1944, Charles de Gaulle negò che si fosse mai interrotta la legittimità del governo preesistente all’invasione del 1940, tanto da sedersi sul tavolo dei vincitori). Ma non è affatto vero che quella fu l’unica Francia. Moltissimi francesi infatti accettarono senza troppi problemi la dominazione tedesca: scrittori come Louis-Ferdinand Céline, Drieu La Rochelle e Robert Brasillach (che poi venne fucilato) si affiancarono agli invasori, mentre altri intellettuali – compresi Jean Paul Sarte e Simone de Beauvoir – si lodarono in quanto resistenti, ma del loro contributo negli anni bui non c’è traccia. Molti altri francesi, legati a fazioni di estrema destra, andarono oltre, schierandosi entusiasticamente dalla parte dei vincitori e collaborando attivamente a tutte le loro attività – anche le più spietate – tanto in Francia, quanto nelle operazioni militari. Si può affermare senza timore di essere smentiti che in oltralpe ci fu una vera e propria guerra civile, non meno feroce e sanguinaria di quella che travagliò l’Italia dopo l’8 settembre del ’43.  
Spiga il professor Gustavo Corni dell’Università di Trento: “Dopo il 1945 De Gaulle ha imposto una narrazione dominata dall’idea di una Francia liberata e vincitrice, un’immagine che è riuscita a cancellare tutto quanto era davvero avvenuto in Francia, dove è rimasta una forte ritrosia a prendere atto della guerra civile. La sindrome di Vichy è stata rimossa. La verità è che la Francia era divisa. Ci furono lotte e sconti in patria e nelle colonie, ma anche collaborazione politica e culturale molto forte con i tedeschi. Fu l’esito di una spaccatura in due in un Paese tradizionalista e monarchico, e di un altro rivoluzionario e repubblicano cominciata nel 1789, proseguita attraverso l’Ottocento, sospesa col nazionalismo condiviso della Prima guerra mondiale e ripresa con virulenza negli anni Trenta e poi con l’invasione tedesca della Seconda guerra mondiale. In molti, in fondo, ritenevano che la collaborazione fosse il male minore rispetto alla prospettiva di una Francia repubblicana e rivoluzionaria”.

I bambini maledetti.

Quattro anni di occupazione tedesca della Francia lasciarono il segno. Anche sotto la forma di 200mila bambini nati da relazioni fra soldati tedeschi e ragazze francesi. Il loro non è stato un destino facile, e meno che mai quello delle loro madri. Venivano chiamati enfants de la honte (bambini della vergogna), e per decenni sono vissuti nascondendo la loro origine. Esempio die queste storie è quella di Simone Touseau, 23enne interprete negli uffici tedeschi. 
L’immagine la mostra poco dopo la liberazione rasata a zero, umiliata e derisa da una folla feroce, insieme a un’altra donna a cui toccò lo stesso destino. Il figlio che ebbe da un occupante  tedesco da grande ha dovuto andarsene a vivere lontano dalla sua città, celando le sue origini e il suo passato. Come molti altri che hanno preferito nascondere la loro ascendenza per cercare, non sempre con successo, di evitare discriminazioni. Molte delle loro madri erano state, in tutto il Paese, vittime dei carnavals moches (brutti carnevali), come venivano chiamati i cortei improvvisati per esporle al pubblico ludibrio e rasate a zero. Alcune erano state sostenitrici del nazi-fascismo, altre si erano solo innamorate di un giovane straniero. Ma non furono perdonate.  
   
FRANCESI CONTRO FRANCESI ANCHE NELLE COLONIE. In effetti, mentre le possenti armate tedesche marciavano su Parigi, molti francesi da un capo all’altro della Francia metropolitana e delle colonie, si trovarono di fronte nella difficile scelta di che cosa fare col nemico in casa, se continuare un’estrema opposizione (che a quel punto pareva difficile) o se limitare i danni collaborando con il vincitore nell’attesa di un futuro migliore. Fu questa la scelta di uomini come il generale Philippe Pétain, eroe della Grande Guerra, disposto ad assumersi il ruolo di diventare il presidente di un governo vassallo della Germania. Una scelta molto criticata, ma che va inquadrata nel contesto di quello sconvolgente momento storico e nella necessità di preservare la Francia dagli orrori degli altri Paesi invasi dalla Wermacht, tanto che già negli anni successivi circolava il detto secondo il quale: De Gaulle era la spada, Pétain lo scudo. Con l’armistizio egli ottenne infatti delle condizioni dure, ma mitigate: il regime di Vichy (ufficialmente Etat Français), che fu il governo instaurato nel Sud del Paese, mentre il Nord restava sotto occupazione tedesca, rimaneva un governo indipendente e che, per quanto riguarda il conflitto in corso, riuscì a farsi considerare neutrale senza affiancarsi apertamente con il Reich. E infatti, a livello internazionale, fu questo livello a essere riconosciuto, tranne che da Londra, e non quello autoproclamato in esilio dalla Francia libera di De Gaulle, il quale ebbe gran difficoltà a far valere il suo pensiero in patria: nel luglio 1940 solo 7000 francesi si erano arruolati con le forze della Francia Libera. Inoltre, Vichy conservava il controllo delle colonie e della flotta, evitando così che essa fosse consegnata ai nazisti che l’avrebbero volentieri utilizzata contro la Gran Bretagna. Per Pétain una Francia sottomessa, ma con una certa autonomia era meglio di una Francia schiacciata dal tallone brutale dei vincitori.
Colonie e flotta erano due temi molto caldi che videro alcuni dei più eclatanti episodi della guerra civile che contrappose in quegli anni i francesi. Le colonie, ad esempio, scelsero ciascuna con chi schierarsi, a seconda del contesto geopolitico in cui si trovavano, e soprattutto delle tendenze della propria classe dirigente. Inizialmente fu solo una minoranza dei possedimenti che scelse la Francia antinazista: l’Africa equatoriale e il Camerun già nell’autunno del 1940, la Nuova Caledonia, e solo in seguito Polinesia e Guayana. Molte invece preferirono rimanere con Vichy, a patto di non doversi consegnare ai tedeschi. Tra queste l’Indocina, che in seguito venne affidata ai giapponesi, il Madagascar, che fu poi occupato dagli inglesi, e il Nord Africa, che sarebbe diventato in seguito protagonista. E inoltre la Siria e il Libano,dove la contrapposizione fra le due anime della Francia assunse i connotati di una vera e propria guerra: quando il governo filo Vichy nel 1941 si dimostrò disponibile a concedere le proprie basi in Medio Oriente ai nazisti, gli inglesi decisero di attaccare la Siria. De Gaulle doveva scegliere: stare o meno al fianco di una aggressione inglese a territori francesi? Optò per affiancarsi agli Alleati e così 6000 dei suoi soldati combatterono insieme ai britannici contro i 40mila francesi del Levante. Le ostilità furono intense e durarono dall’8 giugno al 24 luglio: gli scontri fratricidi costarono 2000 morti francesi fra le due parti, e alla fine i lealisti di Siria pretesero di arrendersi solo agli inglesi e non ai gollisti. Oltre 30000 di loro, inoltre, chiesero e ottennero di tornare al fianco della Francia di Vichy, piuttosto che unirsi a De Gaulle.
E non fu l’unico episodio di confronto militare. Già nel 1940, in Africa, gli inglesi decisero di attaccare la flotta francese – che era sotto il controllo di Vichy e quindi neutrale – nel timore che venisse consegnata ai nazisti. Fu così che la flotta inglese lanciò l’attacco ad alcune basi navali francesi. Il centro della flotta si trovava nella baia di Mers el-Kebir, nei sobborghi di Orano, in Algeria, dove si svolse l’attacco più massiccio. Un’altra spedizione prese di mira Dakar, in Senegal, e in questo caso un ruolo rilevante fu svolto dai militanti della Francia Libera guidati da De Gaulle. Non fu una decisione facile, ma anche a Dakar ci fu uno scontro fratricida, terminato con una delle poche vittorie militari del regime di Vichy, che oltretutto uscì molto rafforzato da questi scontri. In Francia i cittadini si indignarono per l’attacco inglese e per quello che considerarono un tradimento di De Gaulle (e questo contribuì molto a far accettare il governo di Pétain) costituendo il punto più basso della sua popolarità e della sua causa: molti militari per questo motivo non risposero al suo appello del 18 giugno 1940, in cui il generale esortava i Francesi a opporsi alla Germania di Hitler. Questo appello costituì la prova indiretta che non tutti i francesi stavano dalla parte della resistenza antitedesca.
La Strasbourg sotto il fuoco a Mers el-Kebir
Dopo che il primo ministro, Maresciallo Pétain, lo ebbe nominato Ministro della Marina, il 24 giugno l'ammiraglio Darlan inviò ai suoi comandanti un nuovo messaggio cifrato: "Approfitto delle ultime comunicazioni che posso trasmettere in cifra, per farvi conoscere il mio pensiero a questo proposito:
  • Le navi da guerra smobilitate debbono restare francesi, con bandiera francese, equipaggio ridotto francese, soggiorno in porto francese metropolitano o coloniale.
  • Segrete precauzioni debbono essere prese perché il nemico o lo straniero impadronendosi di una nave con la forza non se ne possa servire.
  • Se la commissione di armistizio, incaricata di interpretare i testi, decidesse altrimenti che nel primo paragrafo, al momento dell'esecuzione della nuova decisione, le navi da guerra, secondo un nuovo ordine, saranno condotte negli Stati Uniti oppure sabotate, se non si potesse fare altrimenti per sottrarle al nemico. Le navi rifugiatesi all'estero non dovranno essere impiegate in operazioni di guerra contro la Germania e l'Italia senza un ordine del comandante in capo delle forze marittime francesi. Xavier-377" (Xavier-377 era il nome in codice dell'Ammiraglio Darlan).https://it.wikipedia.org/wiki/Distruzione_della_flotta_francese_a_Mers-el-Kébir

I collaborazionisti.
Questi sono i nomi dei maggiori collaborazionisti che hanno prestato servizio nelle forze di occupazione germaniche:

Henri-Philippe-Omar Pétain (1856-1951)
Generale della Prima guerra mondiale considerato un eroe, responsabile fra l’altro del fronte francese nella battaglia di Verdun, fu in seguito ministro della Guerra. Richiamato come vicepresidente del consiglio quando nel 1940 i tedeschi sfondarono il fronte francese, sostenne la necessità di un armistizio e assunse – nominato dal Parlamento – i pieni poteri per trattare con i tedeschi e redigere una nuova costituzione. Divenne primo ministro e poi presidente dello Stato francese a Vichy, fino allo sbarco Alleato del 1944. Dopo la liberazione  Alleata si costituì: fu processato e in aula sostenne di essersi sacrificato per la Francia. “La mia unica preoccupazione, la mia unica cura è stata di rimanere sul suolo di Francia secondo la mia promessa, per tentare di proteggere la Patria e attenuare le sue sofferenze”: queste erano le sue parole al processo. Fu comunque condannato a morte, finché De Gaulle commutò la sua pena in ergastolo.
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François Darlan (1881-1942)
Dal 1941 capo del governo di Vichy, nel 1942 era governatore del Nord Africa e diede ordine di cessare i combattimenti contro gli Alleati. Passato con gli angloamericani, mantenne il suo posto ma fu assassinato il 24 dicembre da un militante della Francia Libera di idee monarchiche.
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Pierre Laval (1883-1945)
Fu per quattro volte primo ministro di Francia. Dal  18 aprile 1942 al 20 agosto 1944 – quando i nazisti avevano bisogno di un uomo più affidabile – fu il capo del governo di Vichy. Era il maggior sostenitore della politica collaborazionista con la Germania, ed era l’uomo forte che più scalpitava dietro la prudenza conservatrice di Pétain. Per questo dopo la guerra fu condannato a morte.
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la fucilazione di Pierre Laval


Jospeh Darnand (1897-1945)
Valoroso combattente della Grande Guerra, militò nei movimenti fascisti francesi, e partecipò a un complotto contro la Repubblica. Nel giugno 1940 ì, dopo l’invasione tedesca, costituì le prime formazioni paramilitari dei fascisti francesi, i cui militati compirono azioni brutali contro partigiani e avversari politici. Da queste squadre volontarie, nel 1943 nacque la Milice française di cui fu il comandante, mentre parallelamente era nominato ufficiale della Waffen SS e prestò giuramento a Hitler. Dopo l’arrivo degli Alleati si ritirò a combattere in Valtellina, dove infine fu arrestato, processato e condannato a morte.
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Fernand de Brinon (1888-1947)
La prova che alcuni francesi non si limitarono a subire l’occupazione tedesca sta nella vita politica di Fernad de Brinon. Nazista fin dal 1933, allo scoppio della guerra fu inglobato dal governo francese guidato da Paul Reynaud, ma con l’armistizio divenne un leader politico collaboratore dei nazisti. Quando la Francia fu quasi completamente liberata dagli Alleati, De Brinon costituì un governo francese nazista in esilio a Sigmaringen, in Germania, rivendicando la continuità con il governo di Vichy, da lui considerato legittimo, e contestando come occupante il governo di De Gaulle. Condannato dall’Alta corte di giustizia, fu fucilato il 15 aprile 1947.
Le Forze francesi dell’Interno.
All’inizio del 1944 De Gaulle riuscì in un miracolo: fino ad allora i movimenti di resistenza francesi erano divisi, sparpagliati, in competizione fra loro, scollegati. Ma poi i maggiori otto raggruppamenti furono fusi nelle Forces Françaises de l’Intérieur (Ffi ovvero Forze francesi dell’interno), il cui comando fu assunto dal generale Joseph Marie Pierre Koenig, un alsaziano che si era già distinto guidando le forze della Francia Libera nelle battaglie di Bir Hakeim. Nonostante questo, i comandanti Alleati non diedero molto credito ai maquisards, come venivano chiamati i partigiani francesi. Essi però risultarono fondamentali nelle opere di sabotaggio, e ancor più in quelle di intelligence: nel solo maggio 1944 – che precedette lo sbarco in Normandia – giunsero dalla Francia in Inghilterra ben 700 rapporti radiotelegrafici e 3000 rapporti scritti. Fra il giugno e l’agosto 1944 alcune centinaia di migliaia di francesi militavano, seppur ormai perifericamente, nelle difese tedesche rispetto all’invasione Alleata, e altre centinaia di migliaia erano invece attive con la Francia Libera sui fronti francesi e italiani (i partigiani impegnati nella lotta in Normandia, Bretagna e Provenza furono circa 200mila). Molti di loro nelle settimane successive furono inquadrati per ricostituire l’esercito francese. 

L’AUTOAFFONDAMENTO DELLA FLOTTA FRANCESE A TOLONE.
                                                             la fine della flotta francese a Tolone

Negli anni seguenti però le forze della Francia Libera crebbero a fianco degli Alleati e  presero possesso di sempre maggiori territori (ad esempio il Nord Africa, dove nel 1942 l’operazione Torch erano sbarcati gli angloamericani e le forze locali erano passate dalla loro parte sotto la guida di François Dralan: un voltafaccia clamoroso, visto che erano uno dei massimi esponenti di Vichy).
Persa l’Africa, Germania e Italia decisero di occupare la Francia meridionale tradendo il governo collaborazionista, e fu in questo modo, che per reazione, molti francesi passarono definitivamente dalla parte della causa gollista. Fu in quelle circostanze che avvenne il celebre episodio di Tolone: benché in precedenza i britannici non si fossero fidati, gli ammiragli di Vichy furono di parola, e quando il 12 novembre 1942 nella base navale si presentarono i tedeschi per requisire la flotta, essi preferirono autoaffondarla. Così aprirono le valvole di allagamento e piazzarono le cariche esplosive: colarono a picco decine di navi, tra cui tre corazzate, sette incrociatori e dodici sommergibili. Una perdita immane per la Germania di Hitler. Ma non tutti i francesi erano di questa pasta: l’inasprirsi della situazione bellica fece sì che anche sul territorio francese le cose precipitassero. Nella primavera 1943 la resistenza si strutturò e i dirigenti di Vichy iniziarono a diventare bersagli odiati quanto i tedeschi. Si moltiplicarono le manifestazioni e gli attentati. A fronte di un’azione sempre più insistente dei partigiani francesi (che con i loro sabotaggi svolsero un ruolo importante di appoggio allo sbarco in Normandia), anche le forze repressive del fascismo francese diventarono sempre più attive e spietate. Esse furono incarnate principalmente dai volontari della Milice a cui era delegata la sicurezza interna.
Essi risposero alle azioni della Resistenza con spietate repressioni e camere di tortura, una dozzina solo a Parigi. Come racconta Corn: “Il governo collaborazionista vara la sua Milice Française, francesi incaricati dell’opera di repressione antipartigiana e della caccia agli ebrei. Uno strumento usato soprattutto in chiave poliziesca, perché i tedeschi erano molto prudenti a usare in battaglia truppe regolari francesi, anche se collaborazioniste”. Dopo la fine del conflitto, il sostituto procuratore gnerale Carrive disse, nella requisitoria contro il suo capo Joseph Darnand: “I crimini della Milizia furono queste torture sadiche di cui si stenta a credere che possano essere state compiute da francesi nei confronti di altri francesi”. Non meno fero fu, alla fine della guerra, la giustizia sommaria amministrata dai francesi risultati vincitori. Una giustizia che, in un modo o nell’altro, mostra ancora una volta l’entità della frattura che si era verificata nel Paese sotto il dominio nazista: i collaborazionisti dopo il maggio 1945 furono considerati traditori del Paese e, contro i sopravvissuti, furono istruiti 3112633 processi: i condannati furono 124613 anche se i tre quarti delle condanne a morte furono commutate in pene detentive. Ma oltre a questo, durante il periodo più sfrenato delle epurazioni,, ci sarebbe state tra le 20 e le 40 mila esecuzioni sommaria.
D’ altro canto, fu lo stesso Charles de Gaulle (che sarebbe diventato Presidente della Repubblica) a creare il mito della Francia vincitrice; in un commosso passo delle sue memorie ammise quella sanguinosa lacerazione che aveva attraversato la sua amata Francia: “Ancora una volta, nel mezzo di questo dramma nazionale, sangue francese fu versato da entrambe le parti. La Madrepatria ha dato testimonianza al meglio dei suoi figli caduti difendendola. Con onore, con amore, li abbraccia nel suo dolore. Alcuni dei suoi figli però sono caduti sul fronte opposto. La Madrepatria approva le loro punizioni, ma piange su quei figli morti”.

La strage di Oradur.
Massacro di Oradour-sur-Glane.jpg
Movimenti della 2ª divisione corazzata SS Das Reich da Tolosa adOradour-sur-Glane nel periodo tra maggio e giugno del 1944
Otto Weidinger, comandante del 4º reggimento SS panzergrenadier Der Führer, autore nel dopoguerra di testi considerati revisionisti sui reggimenti Der Führer eDer Reich.
https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Oradour-sur-Glane

In Francia uno dei più efferati massacri nazisti fu compiuto a Oradour-sur-Glaine, nel Sud del Paese, il 10 giugno 1944. reparti della 2a divisione corazzata SS Das Reich operarono una rappresaglia sulla popolazione civile perché alcuni partigiani avevano ucciso un ufficiale tedesco. Il paese fu bruciato e vennero sterminate 642 persone, compresi anziani, donne e bambini. Quando nel 1953  fu possibile istruire un processo sulla strage, davanti al Consiglio di guerra di Bordeaux, vennero accusati 21 uomini, poiché gli altri erano morti in guerra. Ma lo sconcerto in Francia fu grande quando si scoprì che sotto accusa c’erano 14 francesi (tra cui un sergente) alsaziani arruolati nelle SS. Di questi, il sergente francese e un altro imputato furono condannati a morte e gli altri a pene detentive. Ma un’amnistia salvò tutti, con grande sollievo in Alsazia (dove gli arruolati, anche a forza, dai tedeschi erano sati moltissimi) e grande sdegno della regione teatro della strage. Il paese di Oradour restituì per protesta tutte le onorificenze ricevute in seguito alla strage nazista.
    

Articolo in gran parte di Osvaldo Baldacci Ricercatore e scrittore di storia pubblicato su BBB Historia edizioni Sprea altri testi e foto da Wikipedia .

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