sabato 4 agosto 2018

Guano mania

GUANO MANIA

Gli escrementi di uccelli marini si rivelarono il miglior concime per l’Europa. Ma ad averli era il Perù.
Lungo la costa sudamericana del Pacifico, circa 20 chilometri al largo del Perù, esiste un piccolo arcipelago di isole granitiche. Si chiamano Islas Chincha e sono disabitate. Su questi isolotti, infatti, non riesce a crescere quasi nulla. Il motivo? Alle  Chincha da millenni stazionano praticamente cormorani, sule e pellicani. Attratti dalle acque ricchissime di plancton, a poco a poco questi uccelli hanno ricoperto le rocce di strati di guano alti anche 10 metri. Ma se oggi l’arcipelago è una meta del turismo naturalistico, a metà del XIX secolo per la giovane repubblica peruviana si trasformò in un’enorme opportunità economia: quei giganteschi depositi erano una miniera di fertilizzanti per i terreni agricoli, bastava scoprirlo. Come sottolinea lo storico americano Hubert Herring, “quando gli scienziati annunciarono, all’inizio del 1840, che gli escrementi degli uccelli erano ricchi di azoto, il governo peruviano, esercitando il controllo incontestato sulle isole Chincha, dichiarò lo sfruttamento del guano monopolio nazionale, e per 40 anni trasse dei forti profitti dall’esportazione via mare del fertilizzante verso l’Europa”. In pratica il guano incrostato ovunque sulle lontane isole peruviane poteva essere rivenduto ai proprietari terrieri europei come il miglior concime mai visto, proprio nel periodo in cui si stava sviluppando l’agricoltura intensiva e l’additivo più usato sino ad allora, la farina di ossi degli animali macellati, si era rivelato insufficiente al bisogno. Al punto che si mormorava che i mercanti si rifornissero di ossa umane sui campi delle battaglie napoleoniche. Gli escrementi degli uccelli marini potevano quindi risolvere problemi sia pratici sia morali

Justus von Liebig (Darmstadt12 maggio 1803 – Monaco di Baviera18 aprile 1873) è stato un chimico tedesco che ha dato importanti contributi alla chimica per l'agricoltura, alla biochimica e all'organizzazione della chimica organica.
Von Liebig con le sue ricerche migliorò l'analisi organica e applicò all'agronomia la scoperta dello svizzero Nicolas-Théodore de Saussure, il quale capì che le piante si nutrono di anidride carbonica tratta dall'aria e di sostanze minerali prelevate dal suolo. Secondo Liebig anche l'azoto è fondamentalmente ricavato dall'atmosfera. Il chimico tedesco basò la sua teoria agronomica sull'assunto che il fosforo sia il più importante degli elementi che occorre restituire al terreno. Tra le sue molte e varie scoperte, vi fu un metodo per trasformare rapidamente l'etanolo in acido acetico
TUTTI LO VOGLIONO. Così., a metà degli anni Trenta, iniziarono a vedersi i primi sacchi di guano nei porti europei. Quando poi si convinse della loro “bontà” Justin von Liebig, pioniere della chimica organica e inventore del concentrato di dadi, la situazione ebbe una rapida escalation. In un trattato del 1840, lo scienziato tedesco dimostrò l’importanza dell’azoto come nutriente per le piante: “Basta aggiungere una piccola quantità di guano a un terreno di sola sabbia e argilla per ottenere un ricchissimo raccolto di mais”, scrisse. E siccome godeva di grandissima considerazione, molti proprietari terrieri si precipitarono a comprare gli escrementi degli uccelli marini peruviani, raddoppiando e triplicando i raccolti. A quel punto si scatenò una vera e propria corsa al guano. “Nel 1841 la Gran Bretagna ne importò 1800 tonnellate, quasi tutto dalle Chincha; nel 1843 le tonnellate divennero  4056, nel 1845 219.764. Il Perù esportò circa 14 milioni di tonnellate di guano per un valore approssimativo di 150 milioni di sterline, equivalenti a circa 13 miliardi di dollari odierni” afferma Charles Mann nel suo saggio 1493.

Per ottimizzare i guadagni piovuti dal cielo, il Perù nazionalizzò l’arcipelago delle Chincha. Ma scoprì in fretta che nessuno voleva lavorare in quelle isole brulle, popolate solo da uccelli e insetti, senza acqua, dove pioveva pochissimo e si era costretti a vivere su ripiani di guano. Non solo. Una volta estratti a picconate gli escrementi erano caricati su carrelli spinti a mano sino ai depositi delle navi, e appena gettati nella stiva sollevavano una densa nube tossica che avvolgeva tutto, tanto che i trasportatori portavano una mascherina di canapa ricamata. Ma non potevano resistere più di 20 minuti e la squadra di dannati doveva cambiare. Le condizioni di lavoro erano terribili e quindi il governo, dopo tentativi falliti con carcerati e disertori, concesse il monopolio dei giacimenti al più grande coltivatore di cotone del Paese. Che però non utilizzò i suoi schiavi neri, ma servitù cinese a contratto, arruolata con inganno: il passaggio in nave in America in cambio di otto anni di lavoro nelle miniere d’oro della California. Una volta firmato il falso contratto, i cinesi finivano invece a estrarre il guano nelle Chincha in condizioni disumane: picconavano 20 ore al giorno, sette giorni su sette, sorvegliati dagli schiavi del grande monopolista. Se non riuscivano a raggiungere la quota giornaliera, i cinesi venivano frustati senza pietà. Fuggire? Impossibile: i guardiani sparavano a vista. E le morti per malattia e suicidio erano frequenti.

                                                                
                                                                        isole Chincas 

PREPOTENZA SPAGNOLA. Ben presto le isole del guano cominciarono a calamitare guai. In un Paese che in pochi decenni di indipendenza aveva già combattuto numerose guerre. La crisi peggiore fu innescata dalle ambizioni della Spagna, che per tre secoli aveva controllato il Perù. Nel 1862 il governo di Madrid chiese a Lima il saldo dei vecchi di epoca coloniale. E per dar forza alle proprie pretese inviò nel Pacifico una squadra navale. Quando le trattative con il governo peruviano sconquassato dall’ennesima rivolta, si arenarono, la Spagna non esitò a occupare proprio la cassaforte del Perù ossia le Chincha (14 aprile 1864). In seguito minacciò di bombardare le tante città costiere dei Paesi che, dalla Colombia al Cile, stavano protestando contro la politica bellicosa dell’ex madrepatria. E fu proprio il rafforzarsi della minaccia iberica a unire nazioni che sino ad allora si erano scannati per confini mal tracciati.: Colombia ed Equador, che avevano appena combattuto una guerra l’uno contro l’altro, inviarono volontari e armi in Perù, mentre il Cile, nonostante la storica rivalità con i vicini del Nord, decise di afferrare il toro per le corna.

LA PAROLA AI CANNONI. Basta dare un’occhiata alla cartina geografiche per capire l’importanza dell’accesso alle vie di traffico marittimo per il Cile, stretto tra il massiccio andino e il Pacifico. Il blocco navale che la Spagna stava imponendo minacciava la sopravvivenza della vivace economia della nazione. La reazione fu quindi energica: il presidente cileno ordinò alle due uniche navi da guerra di attaccare la cannoniera spagnola che sorvegliava il vitale porto di Valparaiso, e riuscì nell’intento di farla catturare dopo un breve combattimento il 26 novembre 1865. La parola era quindi passata ai cannoni. Dopo alcuni scontri inconcludenti con la flotta messa assieme da Cile e Perù, i vertici militari della Spagna decisero di bombardare Valparaiso. Ma per piegare la coalizione bisognava colpire al cuore la resistenza. Il presidente peruviano Prado aveva infatti trasformato il Callao, il grande porto di Lima, in una poderosa fortezza, equipaggiata con i moderino cannoni acquistati in Francia e Inghilterra.  E fu nelle ridotte blindate che i suoi soldati, affiancati da volontari colombiano, ecuadoregni e cileni, attesero la flotta spagnola, che si presentò il 2 maggio 1866. Senza soldati da sbarcare per un’azione decisiva, l’ammiraglio iberico Méndez Nunez, puntò su un bombardamento terrificante sulla fortezza peruviana e riuscì a smantellare interi tratti di fortificazione. Ma anche la coalizione contrattaccò con una violenta potenza di fuoco. Così verso il tramonto, la squadra spagnola prese il largo con tre navi gravemente danneggiate e decine di morti e feriti, tra cui lo stesso ammiraglio.

Il presidente del Perù, entusiasta per la ritirata spagnola, e informato che le due nuove corazzate ordinate ai cantieri inglesi erano in arrivo,  propose al Cile di unire le reciproche squadre navali  per colpire i possedimenti spagnoli a Cuba e nelle Filippine, ma non se ne fece nulla. Dopo lo scontro per le Chincha e il loro prezioso guano, un’altra risorsa naturale del Pacifico, il salnitro, sarebbe diventata una miccia per un nuovo conflitto, destinato a scoppiare nel 1879 tra gli ex alleati, ma questa è un’altra guerra, e un’altra storia, e forse un nuovo capitolo da raccontare su questo blog. 


articolo in gran parte di Giuliando da Fré e Irene Merli pubblicato su focus storia 138 altri testi e foto da wikipedia 

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