sabato 4 agosto 2018

Alessandro II lo zar liberatore

Alessandro II lo zar liberatore.
Abolì la servitù della gleba, fece riforme in ogni settore e lavorò per una Russia moderna. Eppure fu assassinato.


Alessandro II Romanov (in russo: Александр II Николаевич Романов?, Aleksandr II Nikolaevič Romanov; Mosca, 29 aprile 1818  San Pietroburgo, 13 marzo 1881) è stato imperatore di Russia e duca di Finlandia dal 2 marzo 1855 alla sua morte.

https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_II_di_Russia
Lo zar di Russia Alessandro II giaceva a terra. Era il sesto attentato che subiva, il quarto negli ultimi tre anni: una vera e propria caccia all’uomo. Ne era sempre uscito illeso, ma in quel fatidico 13 marzo 1881 il destino decise diversamente. Erano da poco passate le due del pomeriggio. La carrozza dell’imperatore avanzava veloce lungo la strada che tutt’ora costeggia il canale Caterina, a San Pietroburgo. D’un tratto Nicolaj Rysakov, del gruppo rivoluzionario “Volontà del popolo” , lanciò contro il convoglio una bomba. Lo zar non venne colpito, ma subito dopo un secondo ordigno scoppiò a due metri da lui: questa volta era spacciato. Le gambe erano maciullate e perdeva molto sangue. Alessandro ebbe appena il tempo di bisbigliare “Potatemi a palazzo…e lì morire”. E spirò. Ma meritava tutto questo? 




Immagine dell’attentato ad Alessandro II.

ARRETRATO. Alessandro II aveva 37 anni quando, alla morte di suo padre Nicola I, si trovò a governare uno Stato che si estendeva dalla Polonia all’Alaska. Un impero enorme, che attraversava tre continenti, ma ormai inadeguato alle sfide del suo tempo: mentre l’Europa si industrializzava, la Russia continuava a vivere nel Medioevo. La zarina Maria d’Assia, moglie di Alessandro e madre dei suoi otto figli, descrisse con lucidità la situazione  dell’impero alla more di Nicola I: “Tutte le branche dell’amministrazione erano mal organizzate, le nostre finanze erano alla fine, la nostra politica era, da molto tempo, impegnata in una strada sbagliata”.  Per mantenere il ruolo di grande potenza era necessario colmare il profondo divario che separava la Russia dalle nazioni occidentali. E Alessandro II ci provò. Ma sarebbe stato all’altezza del compito? Anna Tjutcev, dama d’onore della zarina, che aveva modi di osservare lo zar da vicino, nutriva qualche dubbio. Era convinta, come molti altri, che per far uscire la Russia da quel vicolo cieco ci volesse un sovrano dotato di energia e potenza eccezionali requisiti per capovolgere e riorganizzare tutto: “L’imperatore è il migliore degli uomini, sarebbe un eccellente monarca in un Paese ben organizzato e amministrato e in tempo di pace, ma non ha il temperamento di un riformatore” scriveva la dama di compagnia ne suo diario. Di certo Alessandro era molto diverso dal padre Nicola I, un colosso alto due metri, duro, autoritario, dallo sguardo glaciale e con una profonda avversione per tutto ciò che era liberale.


L'impero russo raggiunse con Alessandro II la sua massima espansione. In verde scuro i territori sotto il suo controllo, in verde chiaro quelli che subivano la sua influenza.

LE SUE RIFORME. Alessandro II, invece, si considerava un uomo del suo tempo e voleva davvero trasformare la Russia in uno stato moderno. A cominciare dalla madre dii tutte le riforme: l’abolizione della servitù della gleba. L’Impero russo era in ritardo di almeno cinquant’anni nei confronti dei Paesi dell’Europa Centrale e ancora di più della Francia, che la abolì nel 1789. su una popolazione di 61 milioni di persone, erano 40 i contadini russi asserviti. Una parte di questi svolgeva il ruolo di domestici, altri lavoravano nelle terre dei signori, altri ancora nelle città. Era  così da secoli: “Il possesso dei servi per eredità sembrava un fatto indispensabile”, scrisse Lev Tolstoj nei suoi Ricordi. Ma la nobiltà non voleva certo rinunciare a quella forza lavoro e Alessano non riusciva a convincerli che era “era meglio dare la libertà dall’alto piuttosto che aspettare che venissero a prendersela dal basso”. Le rivolte del 1848 avevano mosso gli animi anche nella grande Russia, nonostante Nicola I in un manifesto al popolo avesse dichiarato: “Il furore della sovversione si infrangerà alla frontiera russa perché Dio é con noi”. Finalmente il 3 marzo 1861 Alessandro II pose la firma sullo storico documento. Ma c’era ancora molto da fare e le riforme si susseguirono a cadenza rapida in tutti i settori: insegnamento, amministrazione statale, tribunali, economia, esercito, fino all’abolizione delle punizioni corporali e a una maggiore libertà di stampa. Lo zar potenziò anche la rete ferroviaria in tute le direzioni, partendo da Mosca e da San Pietroburgo e fece cassa vendendo agli Stati Uniti l’Alaska, di cui non sapeva che farsene (del petrolio nessuno ancora aveva sentito parlarne). Alessandro II era soddisfatto di aver strappato la Russia al Medioevo, ma era anche consapevole che queste riforme, risultato di moltissimi compromessi, erano imperfette e avrebbero incontrato grandi difficoltà di applicazione. In politica estera riuscì ad annullare le pesanti clausole imposte alla Russia dopo la guerra di Crimea e attuò in Asia una politica di espansione che portò l'Impero russo alla sua massima estensione territoriale. Cercò di coltivare l'amicizia della Prussia, del cui sovrano era nipote, e si trovò in contrasto con la Gran Bretagna sia per l'espansione russa in Asia, sia per l'attacco russo all'Impero ottomano del 1877.
Nel 1863 e nel 1864 represse con la forza i moti nazionalisti in Polonia e in alcune province nord-occidentali della Russia.  .

La famiglia saluta Alessandro dopo l'incoronazione. In quella occasione i nobili di tre province si dichiararono disponibili a rivedere la legge sulla servitù della gleba.[8
 

L'incoronazione di Alessandro II nel 1856

Il popolo e gli intellettuali inizialmente entusiasti lo acclamarono “Zar liberatore” ma la festa durò poco.
Alla prova dei fatti le riforme vennero giudicate troppo caute, incomplete e i contadini si ritrovarono a dover riscattare la terra pagandola ai loro ex padroni. Nella rivista Sovremennik, a  cui collaborarono anche gli scrittori Turgenev e Tolstoj, si denunciava la sopravvivenza del dispotismo e di funzionari corrotti. In vari punti dell’impero sorsero moti di protesta e  nacquero movimenti 
clandestini rivoluzionari come “Terra e libertà” e “Volontà del popolo”, che avevano come scopo l’eliminazione dello zar. Alessandro reagì secondo tradizione: arresto, repressione, chiusura delle università sospette. Fu proprio in questo contesto che si concretizzarono i  sei attentati all’imperatore. gli attentatori erano consci che nessun zar si era mai impegnato tanto per applicare riforme liberali. Ma ai loro occhi il suo torto era il fatto stesso di essere zar, unto da Dio, con tutto quello che per secoli aveva rappresentato. E non si sarebbero fermati neanche se Alessandro avesse concesso la costituzione come sembrava voler fare. I rivoluzionari Mikhailov, Kostomarov e Chelgounov scrissero: “Non abbiamo bisogno di uno zar. Noi vogliamo come capo un semplice mortale, un uomo della terra, un uomo scelto dal popolo e capace di comprendere i bisogni del popolo”.



FERMENTO CREATIVO.
Il regno di Alessandro II vide un eccezionale fermento intellettuale. In letteratura gli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento segnarono il trionfo del romanzo. A partire da Fedor Dostoevskij, l’autore di Delitto e castigo e dei fratelli Karamazov. Lev Tolstoj in Guerra e pace, (1865), tracciò un grandioso scenario della Russia di 50 anni prima, ai tempi dell’invasione napoleonica, e in Anna Karenina  mise a nudo le convenzioni e le ipocrisie del tempo. Ivan Turgenev in Padri e figli descrisse invece il diffondersi delle idee rivoluzionarie in Russia,quelle che portarono alla morte dello zar.
LA GRANDE MUSICA. Ma anche la musica non fu da meno. Nel 1885 venne fondato con il patrocinio imperiale il conservatorio di San Pietroburgo (sul modello di quelli occidentali), a cui si affiancò un gruppo di musicisti per lo più non professionisti, che elevò ad arte la musica tradizionale russa. Nacquero capolavori come il Lago dei Cigni e lo  Schiaccianoci di Ciajkovskij, il Boris Godunov di Musorskij, Shahrazad di Rimskij-Korsakov e il Principe Igor di Borodin.

IL GRANDE AMORE. Alessandro era amareggiato, deluso, preoccupato. Ma il primo attentato coincise con l’inizio di una storia d’amore destinata a durare 15 anni. L’imperatore, che da tempo conduceva una vita separata dalla zarina Maria, durante una passeggiata nel giardino d’estate notò la principessa Caterina Dolgorukova e ne rimase affascinato. Lei aveva 17 anni, lui 4. si rividero varie voltenel corso dei mesi. Lo zar le faceva la corte ma la ragazza esitava: non voleva essere un’avventura come tante. Fu solo quando Alessandro rischiò di morire nell’attentato del 1866, che Caterina, sconvolta per la paura di perderlo, ne divenne l’amante. Cominciarono a incontrarsi tre o quattro volte la settimana. L’imperatore le scriveva ogni giorno lettere d’amore infuocate, come un giovane luogotenente innamorato. E lei rispondeva con altrettanto ardore. Presto la loro storia divenne di pubblico dominio e a corte i commenti si sprecavano. Er non parlare di quando, nel 1872, Caterina diede alla luce il primo figlio Giorgio (seguito da altri tre). Alessandro era pazzo di lei e, per poterla vedere più facilmente, la fece nominare dama d’onore di sua moglie. Non solo. Nel 1880 volle che Caterina si trasferisse con i figli al Palazzo d’Inverno, non lontano dall’appartamento dell’imperatrice. La zarina confidò alla contessa Alessandrina Tolstoj: “Gli perdono le offese nei riguardi della sovrana: non posso perdonare le torture che inflitte alla sposa”. Maria morì di tisi a 56 anni, il 3 giugno 1880. E dopo soli 40 giorni, scandalizzando la corte, Alessandro sposò Caterina con rito morganatico, che non dava diritto alla successione dinastica. Ma dopo soli dieci mesi lo zar morì tra le braccia della giovane moglie nel 1881.
 

Marija Aleksandrovna (a sinistra) consorte dello Zar e imperatrice di Russia, e Ekaterina Dolgorukova (a destra) che sposò in matrimonio morganatico Alessandro II dopo la morte della precedente.

LA RESTAURAZIONE. Se lo scopo dei regicidi era quello di sollevare il popolo contro l’istituzione imperiale, non riuscirono nel loro intento. Gli intellettuali, sconcertati, ne presero le distanze e il popolo non si sollevò. Il nuovo zar Alessandro III, che non era liberale come il padre, chiuse definitivamente alle riforme e nel manifesto del 28 aprile 1881 non usò mezzi termini: “La voce di Dio ci ordina di assumere con fiducia il potere assoluto… d’ora in avanti il destino del nostro impero sarà discusso solo tra Dio e noi”. Quanto a Caterina, le impose l’esilio a vita. La principessa si stabilì a Parigi e a Nizza, con i figli e gli oltre tre milioni di rubli ereditati dallo zar. Non si risposò mai e donò alla cattedrale nizzarda di San Nicola l’uniforme che Alessandro Ii portava il giorno dell’attentato. La principessa morì a Nizza, nel 1922. Ormai l’Impero russo non esisteva più, sulle sue ceneri era nata l’Unione Sovietica.

Articolo in gran parte di Silvia Buchi, pubblicato su Focus Storia n. 139, immagini e altri testi da Wikipedia





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