sabato 4 agosto 2018

Catacomba di Domitilla nel segno della tolleranza.

Catacomba di Domitilla.
Nel segno della tolleranza.
Catacombs of Domitila - Rome 2016.jpg
La più grande catacomba di Roma, intitolata a Domitilla, è una testimonianza di come uomini di fedi diverse potessero vivere e morire nel pieno rispetto reciproco. Oggi il suo straordinario patrimonio pittorico è documentato da un progetto condotto con l’ausilio delle tecnologie più avanzate e da un piccolo,  ma prezioso museo.


Con i suoi 12 chilometri di gallerie e oltre 26000 tombe, la catacomba di Domitilla è la più grande di Roma. Nei suoi spazi si snoda la storia del cristianesimo dei primi secoli, insieme con le origini dell’archeologia cristiana, che risalgono proprio agli studi condotti sui suoi cunicoli e sui suoi dipinti. Testimonianze restituite alla visita e che sono state oggetto di una ricostruzione tridimensionale completa ottenuta con la tecnologia laser scanning, aprendo nuove prospettive di studio. In nessun altro luogo è altrettanto evidente come una necropoli, la città dei morti, si sia trasformata, gradualmente, in un cimyterium, il luogo di coloro che dormono, in attesa della Resurrezione. Nelle gallerie, nei cubiculi stessi, anche fra i membri della medesima famiglia, cristiani e pagani stanno gli uni accanto agli altri. I simboli del pesce e dell’ancora, il cristogramma, l’invocazione della pace sono incisi nel marmo delle epigrafi, vicino a sculture greche, scene di caccia e racconti mitologici scolpiti sui sarcofagi.


Cristo insegna agli apostoli, affresco del IV secolo


Identikit di una città sotterranea.
Risultati immagini per mappa delle catacombe di domitilla
                              le catacombe di Roma 

Origine. La catacombe si trova nell’antico praedium Domitillae, attestato in fonti letterarie e ritrovamenti epigrafici. Nella famiglia dei Flavi, nel I secolo, sono documentate due figure femminili col nome di Flavia Domitilla : una è la proprietaria del terreno, moglie del console Flavio Clemente (95); la seconda è la nipote dello stesso console, venerata come martire nel IV secolo. La catacombe è legata al loro nome e alla memoria dei Flavi, fra i quali figuravano diversi cristiani.
Cronologia. Le tombe più antiche risalgono alla tarda età repubblicana e sono state rinvenute bek sopraterra. Il cimitero sotterraneo risale al I secolo dell’era cristiana e ha continuato a svilupparsi fino al VI secolo.
Cifre. La catacombe si estende in corrispondenza di un’area di 10 ettari per oltre 12 chilometri di gallerie, articolate su quattro livelli, con 26 scale tra i piani. Luce e aria vi entravano da 39 lucernari. Vi si contano 228 cubicoli e 650 arcosoli. Complessivamente vi sono ricavate oltre 26000 tombe, di tutte le misure tra neonati e adulti, raggruppati in sette regioni distinte. Fra i nuclei che compongono il complesso, l’ipogeo dei Flavi che risale al III secolo. È composto da una galleria con pareti dipinte, sulla quale si aprono quattro nicchioni che ospitavano i sarcofagi dei membri più importanti della famiglia. Si aggiungevano spazi per i liberti, servi e clientes. Al suo interno vi sono tombe sia pagane che cristiane. Complessivamente sono stati individuate 80 pitture, risalenti a due fasi principali: la prima dell’inizio del III secolo, ancora non cristiana, e la seconda della fine del IV secolo, quando famiglie cristiane benestanti, per l’autorappresentazione, ricorrono a modelli architettonici e figurativi delle chiese del sopraterra, ormai monumentali.
La basilica. In un’area cimiteriale è stata aperta nel IV secolo a partire dalla basilica dei SS. Nereo e Achilleo, per riunire sepolture cristiane adiacenti ai resti dei martiri, per i fedeli che volevano essere accomunati anche nello spazio alla santità della loro resurrezione.
Portata alla luce nel XIX secolo da Giovanni Battista de Rossi, la basilica semipogea, è stata preceduta da due fasi strutturali sotterranee, attualmente non visibili. Un primo vano martiriale risale all’epoca di papa Damaso; la successiva costruzione in elevato, probabilmente, al VI secolo. Sicuramente esisteva all’inizio del successivo, quando Gregorio Magno vi tenne una delle sue omelie. Al suo interno sono stati scoperti i frammenti di un’iscrizione di papa Damaso che conferma l’esistenza dei resti dei due santi, militari e condannati probabilmente perché cristiani durante la persecuzione di Diocleziano. È stato individuato anche un bassorilievo che raffigura la scena dell’esecuzione: un uomo con le mani legate dietro la schiena e dietro di lui un soldato che sta per decapitarlo.
L’importanza. Il complesso della catacombali Domitilla è una testimonianza straordinaria della coesistenza di pagani e cristiani all’interno della medesima koiné classica: nei suoi spazi bui due di visioni della morte e della vita sono espresse con lo stesso linguaggio artistico e figurativo, per arrivare a esiti opposti eppure umanamente vicinissimi. Le sue raffigurazioni dimostrano come la narrazione visiva cristiana abbia preso le mosse all’interno dei codici simbolici greci e romani, mutandone la freschezza e gli accenti più intimistici. Tutti i soggetti e gli schemi iconografici che andranno poi consolidandosi qui vengono sperimentati e ibridati con raffigurazioni diverse: il Buon Pastore, l’Adorazione dei Magi, Cristo e gli Apostoli, Pietro e Paolo.       

ERCOLE EROE DI VIRTU’. Per un lungo periodo tra la fine del II e il V secolo, le de appartenenze religiose hanno convissuto nella stessa società: sensibilità diverse, immagini e racconti si sono sovrapposti e contaminati. La figura di Pan ha finito per identificarsi con quella del Buon Pastore, Ercole che lotta con i mostri è diventato l’emblema delle virtù che i cristiani apprezzavano anche nei pagani, segno della bontà di ogni essere umano e predisposizione all’annuncio del Vangelo. Il passaggio è avvenuto lentamente, da una generazione all’altra, scandito da gesti di offerta e graffiti. I vescovi di Roma, papa Callisto in particolare, hanno sancito la presenza santificanti dei resti dei martiri Nereo e Achilleo, militari che si erano rifiutati di eseguire gli ordini dell’imperatore. Al culto per i morti si aggiunse, così, la memoria devozionale per i testimoni della fede, talmente forte da trasformare le tombe stesse in meta di pellegrinaggio. Si andò rafforzando la consapevolezza devozionale che la comunità dei vivi e la comunità dei defunti, nei vasti spazi della catacomba di Domitilla, fossero unite nella preghiera e nell’attesa della domenica senza tramonto, che tutto trasfigurerà nella dimensione dell’eternità.

Chi era Domitilla?
Umbria Saint Domitilla.jpg
Santa Domitilla 
Scuola umbra, sec. XV 
(Museo Nazionale di Varsavia)
L’area in cui venne scavato il cimitero comune cristiano al II miglio della via Ardeatina è unanimemente attribuita alla proprietà di Domitilla, che l’avrebbe donata alla comunità dei suoi correligionari. Ma chi era questa matrona? Le donne che portavano questo nome legate alla catacomba in realtà erano due. Eusebio di Cesarea nella sua Historia ecclesiastica ricorda che una cristiana, Flavia Domitilla, nipote di Flavio Clemente, console di Roma,era stata deportata sull’isola di Ponza a causa del suo rifiuto del paganesimo. Alla fine del IV secolo Girolamo riferisce che la sua discepola, in viaggio per mare verso la Terra Santa, passando difronte all’isola vide le carceri in cui la matrona aveva trascorso la sua lunga prigionia, longum martyrium, e sentì un tale desiderio di imitarne la virtù che il vento le sembrò troppo lento nel condurre la nave.
Flavio Clemente era uno dei personaggi più in vista della sua epoc e la vicenda di questa sua nipote dimostra che, già alla fine del I secolo, il cristianesimo era penetrato in tutti gli strati della popolazione, anche nell’entourage imperiale. Tuttavia, secondo Svetonio (Vuta Domitinani), lo stesso console era sposato con un'altra Domitilla, figlia di una sorella di Domiziano, poi perseguitata per la sia fede, insieme con il marito. Lo conferma Dione Cassio, scrivendo che l’imperatore tolse la vita a molte personalità eminenti di Roma, tra cui Flavio Clemente che, pure era suo cugino e aveva in moglie una sua nipote.

I PRINCIPI FLAVI.

VESPASIANO--------------DOMITILLA MAGGIORE
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                                | 
                                --------------------------------------------------------
                                |                                |                                        |
                                |                                |                                        |
                                |                                |                                        |
                                |                                |                                        |
               DOMITILLA MINORE      TITO------MARCIA        |
                                |                                 |              FURNILLA    |          
                                |                                 |                                       |
 TITO  ---------------- FLAVIA           GIULIA ----------------DOMIZIANO------DOMIZIA
 FLAVIO                  DOMITILLA   FLAVIA                                                    |   LONGINA
 CLEMENTE                                                                                                         |
                                                                                                                       T. FLAVIUS CAESAR

Entrambi furono accusati di ateismo e di aderire alle idee dei Giudei. Dopo la more di lui, lei fu condannata al confino a Ventotene. Alcuni studiosi ritengono che le testimonianze delle due donne si possano sovrapporre. È tuttavia più probabile che invece si tratti davvero di due componenti dello stesso gruppo familiare, le cui vicende dimostrano le diverse modalità di persecuzione nei livelli più alti della società imperiale: alla fine del I secolo il cristianesimo non era individuato come un preciso sistema religioso, ma nella percezione pagana si sovrapponeva all’ebraismo, prestandosi a identificazione con gruppi politici e al coinvolgimento in congiure interne all’elite imperiale, accuse e strumentalizzazioni.           



FINO A QUATTRO PIANI. Proprio per la sia origine composita, l’insieme ipogeo ha una struttura particolarmente complessa: si sviluppa a partire da sette nuclei, in parte ancora pagani. È cresciuto in epoca costantiniana, con un santuario dedicato ai martiri Nereo e Achilleo, poi trasformato in una basilica. Le gallerie sono disposte su più piani, da due fino a quattro. Per la sua importanza, la catacomba è stata oggetto di studi fin dalle origini dell’archeologia cristiana, anche se, fino a tempi recenti, non era stato possibile ricostruirne l’estensione effettiva, né la pianta completa, perché il suo reticolo era (e resta) in parte inaccessibile. Già nel 1632 Antonio Bosio aveva realizzato la pianta di alcune gallerie, allora ritenute parte della catacomba di Callisto, e alcune tavole che raffiguravano gli ambienti noti con pitture murali. Il livello delle sue descrizioni grafiche, con la struttura architettonica dell’insieme, le proporzioni e la distribuzione degli dipinti rispetto agli spazi è rimasto insuperato fino a oggi, sia per la precisione, sia per la razionalità della sintesi di insieme.


PIANTE E ACQUARELLI. Un’altra pianta collegata con immagini interne era stata realizzata nell’Ottocento da Louis Perret, seguita da quella realizzata da Guglielmo Palombi e stamapata da Mario Marubbi tra il 1909 e il 1914. la documentazione delle pitture catacombali ebbe una svolta qualitativa a partire dai foto acquarelli realizzati nel 1903 da Joseph Wilpert: anche i dipinti di Domitilla vennero riprodotti, ma soltanto due terzi di essi erano allora conosciuti. Più tardi, il repertorio di Aldo Nestori (1975) fissava alcuni elementi e, talvolta, la posizione topografica delle scene. La successiva operazione di inventariazione, condotta da Johannes Georg Deckers a partire dal 1987, non ha preso in considerazione il complesso di via Ardeatina, ma ha definito l’obiettivo metodologico principale: il collegamento fra pitture e spazio, fra architetture ipogee e costruzioni monumentali, fra vie di collegamento e complessi catacombali. La campagnadi studi condotta nell’area di Domitilla, prima dall’Università Tecnica di Vienna e poi dall’Istituto Archeologico Germanico a Roma con la direzione di Norbert Zimmermann, si è basata su questi presupposti, raccogliendo così stimoli, tematiche e problemi critici dell’intera tradizione dell’archeologia cristiana romana. La riproduzione virtuale completa delle gallerie e degli ipogei, insieme con l’immensa mole di dati raccolta, è stata la base per i restauri condotti su alcune pitture (cubicolo del Fossere, ipogeo dei Flavi, arcosolio di Veneranda). Non solo: per la prima volta la catacomba viene indagata nella sua interezza in una prospettiva fortemente interdisciplinare, che mette in luce gli aaspetti architettonici, i codici figurativi e simbolici utilizzati nella fase di penetrazione del cristianesimo della società urbana romana, la raffinatezza delle tecniche pittoriche. “La vera novità emersa durante i restauri resi possibili dall’indagine condotta con il laser scanner sono i dipinti del cubicolo in cui è rappresentata l’introduzione di due defunti al cospetto di Cristo maestro tra due santi protettori, forse gli stessi Nereo e Achilleo. Questa scena esprime il contatto che i ‘defunti eccellenti’ vogliono intrattenere con Gesù e con i santi, e quindi, la scelta di farsi seppellire in prossimità dei resti dei martiri” spiega Fabrizio Bisconti, Sovrintendente archeologico delle catacombe per la Pontifica Commissione di Archeologia Sacra, che ha coordinato gli studi. Ecco, di conseguenza, che il santuario, poi trasformato in basilica, è stato elemento aggregatore di tombe di famiglie cristiane, motivo di sviluppo della grande catacomba.
Proprio lo sviluppo storico del complesso, la sequenza dello scavo dei nuclei monumentali e delle gallerie rendono tangibili le origine dl cristianesimo a Roma, nella concretezza corporea e umanissima del rapporto fra la vita e la morte. Il cimyterium che oggi possiamo visitare e leggere con chiarezza, nella sua apertura alla speranza ultraterrena, è la trasposizione ipogea di un’intera società che andava trasformandosi nel profondo, allargandosi a una sensibilità nuova senza privarsi della ricchezza dei valori del mondo classico che si stava lasciando alle spalle.


Articolo in gran parte di Renata Salvarani, pubblicato su Archeo del mese di luglio 2018. altri testi e foto da Wikipedia.    

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